ECCE
DA BOLOGNA A LECCE
15 Luglio partenza
Bologna vista di corsa un po’ come un gelato mangiato di fretta : ti dà qual-
cosa allo stomaco e la voglia di riprovare
I porticati lunghi a destra, a sinistra,negozi a gara, uno più bello dell’altro,
strani oggetti in vetrina,ceramiche o sapone ; personaggi a chiappe nude suo-
nando un piano forte alla cassa di un bar.poi ninnoli di vetro sfaccettato, tar-
tarughine portafortuna, topini, cagnolini e gattini.
L’aria intorno calda e pesante, caldo, un caldo che non desiste.Poi ecco il largo
gli autobus si incrociano, uno va ,uno viene. auto,passaggio pedonale . tanta
gente giovane con in spalla lo zaino,sandali da frate e il viso stanco¸è caldo
Le alte torri,strette tra palazzi, il ricordo di tempi antichi e lontani..
Tornando indietro la piazza salotto di San Petronio,le basse scalette i lam-
pioni tavoli con tovagliette a quadrettini , sedie bianche qualche piccione di-
stratto l’ha fatta proprio in piazza, musica, musica forte è un complesso e
dall’altra parte il parco in allestimento
Una sosta al Bar Indipendenza e poi nuovamente la discesa alla stazione,.’”Ma guarda”.-dice Isabella –“le cabine del telefono rosse come all’inglese.
Una fermata per ritirare le valige, lasciate prima e di nuovo l’attesa, la calma
attesa alla stazione
Il treno delle 20,20 da Bologna per Lecce è già pieno ¸si prospetta viaggio
in piattaforma,”niente male,gabinetto a portata di mano” dice Belisario. Tutta
una notte da passare così, ma a Rimini l’unico sconosciuto lettore dei gior-
nali, seduto sullo strapuntino ,scende. Un sedile libero, decidiamo di stabilire
4 turni di venti minuti ciascuno, due per Belisario e Gaetano compagni di piat-
taforma e due per me ed Isabella.
Poi il miracolo : si liberano tre posti ad Ancona : è la salvezza. Gaetano sce-
glie il sedile nel corridoio , noi tre ci installiamo nello scompartimento.
La mattina, stazione colma subito l’autobus per arrivare all’Azienda
autonoma del Turismo.
Fissiamo la prima notte ad un albergo vicino alla stazione.
Notte tragica, la prima ci sembra di non aver concluso ancora il viaggio ; i treni
continuano ad accompagnarci con i loro fischi, rumori annunciano che la no-
stra stanza è una ferrovia è ,come dire, una propaggine del treno Bologna-
Lecce ( si sente del 4° binario diretto per …)
Fischio continuo e un caldo che proprio non riusciamo ad attenuare ;
i miei piedi quasi hanno paura di sudare . Drin Drin un suono lungo non forte,
ma continuo; il soffitto della nostra stanza altissimo, moquette per terra, ma,
dico io, in una terra calda come questa : mah ! Un bagno che ha tutto rotto
Sul letto,lenzuoline bianche a fiori rossi e gambetti verdi con fogliolina
pure verde, due lampadine che non funzionano, solo la luce centrale si ac-
cende e in terrazza grande. buia per stendere la biancheria.
La colazione la mattina seguente è in vela Le paste eccezionali veramente
grosse grosse piene di crema ancora calde, o marmellata o inzuppate nel caffè
certe fette di dolce ripiene ,certe briosce rotonde.
LU PUPO E’ COMPIUTO
Realizzare con la carta opere d’arte non è cosa semplice, ma qui a Lecce
questo materiale è stato base per una vasta produzione di statue di santi,
madonne,pastori che ancora costituisce vanto per molte chiese del Sud.
Un’arte fatta con materiale povero, ma che non ha nulla da invidiare a
quella della lavorazione di metalli nobili o del marmo.
A Lecce ho avuto il piacere di incontrare un vero artista della cartapesta :
Antonio Malecore, un uomo dall’aspetto giovanile, ha in realtà 65 anni, che
nel suo lavoro mette esperienza, anima e soprattutto amore, quella cura sa-
piente che gli permette risultati d’artista.
Non è ne’facile, ne’ possibile nel breve arco di una visita turistica scoprire
i suoi segreti , ma vederlo lavorare dà una gioia profonda ; è lui che si prepara
la PUNNULA ,colla di farina ed acqua che poi usa su una carta di colore grigio
che ordina da Napoli.
La carta , mi spiega, con la colla diventa spugna e si può ben lavorare .
Il nome cartapesta. anticamente era cartapestata perché appunto il materiale
veniva pestato nei mortai.
Mi fa vedere come nasce un pupo così chiama i pastori e le pastorelle.
Prima crea l’anima di ferro con uno studio di compasso per le esatte propor-
zioni, poi con lo spago modella la paglia. La testa,le mani e i piedi per le –
statuette sono di terracotta, quando la dimensione del pastore supera un metro
la stessa la realizza con carta.
Il resto del corpo tutto con carta, colla e sapienza antica di mani che come
in un gioco di prestigio toccano la carta,la piegano, la plasmano, Antonio Ma-
lecore studia l’abbigliamento ricerca i particolari , la pelliccia sulla giacca
strappando fine fine la carta, le tasche come se fossero piene,il colletto le
pieghe ; qualche volta si aiuta con la “manica” di un pennello.
Crea la profondità del ginocchio, poi passa al cappello e alla borsa :
“lu pupo è compiuto”
NE VALEVA LA PENA
Impressioni lampo
da questa terra di Puglia. ( Estate ‘ 82)
Non c’era niente di programmato, le nostre idee libere su
una terra da conoscere<
Scopriamo la piccola Firenze del Sud ; la città del, barocco
e della cartapesta , approdammo a Marine d’incanto : Gallipoli
il grande porto del vino e dell’olio con l’Oriente, Otranto,proiet-
tato verso la Grecia, S.Maria di Leuca,punto di approdo della
predicazione cristiana,
Toccavo con mano una terra di grandi gesta,di storia antica,
di civiltà approdate, installate, spodestate ancora vive nei volti
delle facciate di castelli e di case,per le strade,nei porti.
Conoscemmo l’ amore per il mare, le coste di Torre dell’Orso,
S.Foca,Porto Selvaggio,Quattro colonne, Porto Cesareo, l’entro-
terra conservatore di storia , Nardò, le cozze di Sant’ Isidoro
Partecipare alle feste di paese caratterizzate da focacatti dolci.
da venditori di pesce , gli scapeci,da panini con carne di cavallo
arrostita
Assaggiamo nei bar mostaccioli, latte imperiale,granite di caffè o limone ;al mercato,rosette,panini con impastate olive nere ; per la strada
mandorle belle bianche , nei ristoranti le “nicchiatelle”, le zuppe
di pesce,
Parlammo col cuore di gente del Sud che ben conosceva l’arte
di ospitare e ci sentimmo vicini a ‘sta terra.
“ Avete l’ orologio,uguale, uguale al mio “
Ah, la stessa marca”” risponde Isabella.
No ,no ribatte lo sconosciuto che occupa nel treno Lecce-Gal-
liano il sedile di fronte a noi.
” Gli stessi nomi i numeri romani “
La chiacchierata singolare col nostro compagno di viaggio
ci rende veramente meno lungo quel viaggio di quasi un’ora
e trenta.
A Galliano poi l’attesa dell’autobus per S.Maria di Leuca
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