giovedì 18 dicembre 2008

Diario di Carmelina (1)

DIARIO DI CARMELINA

MIMLXXXIV – MM1



Capitolo I

Mostra
Tre edizioni da “favola” di dipinti per un diario
(due anni quasi di preparazione e quasi due anni sarà l’arco di tempo in cui le mostre dialogano con il pubblico…….)

Le parole del diario di Carmelina Rotundo ci immergono in un variopinto caleidoscopio di serene immagini e di sensazioni lievi che temevamo di aver smarrito e che, invece, ci invitano, almeno per un attimo, a dimenticare l’affrettata e grigia quotidianità alla quale il nostro tempo ci costringe. Grazie ad esse per averci regalato preziosi momenti di sospensione dalla banalità del reale e restituito il sottile incanto della semplicità.
Anna Mitrano
Presidente Opera di Santa Maria del Fiore




Il Diario di Carmelina racconta del doppio viaggio interiore e geografico di una donna nitidaumilecologica dal cuore d’acqua quieta dalla Laguna d’Orbetello dove è nata e acqua metafisica sognata dentro le segrete paludi delle pianure di Badia a Settimo, ove Carmelina vive, ama e cresce come donna, madre, moglie, amica e maestra elementare-alimentare. […] E così con passi di seta sulla neve, il cuore in festa e il valzer di Sibelius nell’area, Carmelina respira il paese bianco e la straordinaria avventura della vita, il viaggio fantastico di Esserci.
Tra versi, girasoli e prosa, scorre il Diario di Carmelina, con disarmante semplicità, sulla linea della tradizione che attinge alla nuda creaturalità dell’uomo e risulta, più interessante ancora, leggerlo attraverso le immagini dei pittori che hanno deciso, amichevolmente, di ripercorrere ciascuno con la propria emozione interpretativa il viaggio di Carmelina, una donna in transito.
Ecco la magia di scrivere quadri e dipingere parole all’unisono in un solo bioritmo di sistole e diastole affettive.
Ruth Cárdenas
Responsabile Nazionale programmi culturali Fondazione F.I.D.A.P.A.




Conosco Carmelina Rotundo già dal 1995. Il nostro incontro, infatti, risale, a poco prima che mancasse mio padre, il senatore Luciano Bausi, già sindaco di Firenze. Ci incontrammo una sera, in occasione di una cena organizzata dall’antica Compagnia del Paiolo, della quale mio padre era presidente. Carmelina collaborava alla rivista della Compagnia. Rimasi subito colpita da quella “ragazza” così piena di entusiasmo per tutto quello che riguardava l’arte, gli artisti. Il suo entusiasmo era qualcosa di bellissimo, puro, senza alcuna contaminazione. Ed è proprio l’entusiasmo accompagnato da una gran voglia di esprimere i sentimenti, la propria visione della vita con le sue gioie e dei suoi affanni che mi hanno fatto capire che Carmelina è una persona un po’ speciale. L’affetto che la legava al mio caro babbo e la sua amicizia con lui è stato solo uno dei motivi che ci hanno fatto diventare amiche. Pur essendo fra noi molto diverse, ho sentito in lei delle affinità collegate proprio al modo di “sentire” la vita. […]
La sua capacità di soffermarsi sul mondo in generale che non ci fa più distinguere il nostro piccolo dal nostro immenso che ci ruota intorno, ritengo che sia una dote che gli artisti hanno ben percepito. Siamo sempre affannati a rincorrere tante cose, Carmelina con il suo diario e gli artisti che ne hanno preso spunto ci hanno fatto un gran dono: ci hanno dato la possibilità di riflettere, di ammirare, di percepire. Grazie, davvero.
Susanna Bausi



Questa neve che t’impreziosisce che rende più prezioso ogni angolo ed ogni tetto. Questa neve che rende allegri e ci unisce in un grande girotondo[…]. Lo spazio bianco inghiotte questi nomi che equivalgono ad altrettanti incontri d’anima, la felicità “e nello stesso tempo la paura” di Carmelina e il suo trepido ricorso all’Angelo custode, il ricordo di Dino Campana sepolto nella Chiesa di Badia a Settimo, il richiamo in loco alla musica di Sibelius e al romanzo Silya del narratore Premio Nobel Frans Emil Sillanpää
Vittorio Vettori
Presidente Istituto Superiore per l’Aggiornamento Culturale
“Mircea Eliade”





E’ davvero rara un’opportunità come questa, di vedere riunito un gruppo di validi artisti che presentano ciascuno una coppia di dipinti, secondo un progetto comune, realizzato con entusiasmo, talento e soprattutto con sincera amicizia. L’amicizia per Carmelina Rotundo, che condividendo con loro i pensieri del suo diario, confidando loro le sue sensazioni, li ha talmente coinvolti da convincerli a trasporre su tela o su tavola, con partecipe impegno creativo, le emozioni, i sentimenti di chi ama la vita nella cornice naturale di un luogo così denso di suggestioni quale è la campagna toscana nei pressi della Badia a Settimo o nella vasta Maremma.
Varia è la formazione culturale di questi artisti, alcuni dei quali ho il privilegio di conoscere da anni anche a livello personale, ma notevole in particolare la capacità di rigenerarsi continuamente dal punto di vista tecnico: Amalia Ciardi Dupré, Yvonne DiPalma, Patrizia Pandolfini, autrici intense di splendide sculture, testimoniano una volta di più l’unità sostanziale che lega le molteplici forme dell’arte, secondo la tradizione toscano-fiorentina del primato del disegno, rivelando nella loro pittura una sensibilità ed una dolcezza che ispirano il desiderio di vederle impegnate in altre e più frequenti prove.
Amalia Ciardi Dupré coglie col suo tratto, affettuosamente sinuoso e nello stesso tempo plastico, la forza della natura, degli alberi, del cielo che circonda le figure angeliche e quelle umane, all’ombra dell’architettura possente del campanile della Badia; e tutto è immerso in una colorazione ricorrente, raffinata, che pare quasi rimandare alle radici della vita. Come ho già riscontrato nelle sue sculture, la Duprè ha la facoltà di rendere con un segno potente e insieme armonioso, la forza e la dolcezza della sua indole.
Yvonne DiPalma,
anch’essa sperimentatrice instancabile delle tecniche antiche, illustra con partecipazione gioiosa e vivace cromatismo il motivo di un viaggio, che ispirato da un motivo di lavoro, si trasforma per amore delle due figliolette di Carmelina, nella ricerca di notizie relative a Santa Claus. L’autrice, nella sapiente, piacevole disposizione degli elementi naturali (l’arcobaleno, il cielo), architettonici (la cupola della cattedrale di Santa Maria del Fiore, la cattedrale di Helsinki) mostra la propria complessa concezione dello spazio, unificato dalle ali nere dell’aereo (segno del timore per l’ignoto) e dall’arcobaleno
(la positività dell’esperienza conclusa),
in cui compare anche l’inserzione affettuosa

del visetto di uno dei suoi figli.
Patrizia Pandolfini, un’altra sensibile scultrice, regala sensazioni piacevolmente riposanti, rivivendo i paesaggi e gli scorci in riva all’Arno con una delicatezza di azzurri e verdi avvicinabile a quella dei “Chiaristi”, per la quale l’acqua, il cielo e la vegetazione si trasfigurano in un incanto di luce diffusa.
Il tema poi della luce accomuna due pittori, legati nella scelta dell’astrattismo a livello artistico e nella vita marito e moglie:Vincenzo Zappia e Rosalba D’Ettorre. L’astrattismo di Rosalba è di matrice lirica e preziosamente variegato nella sua complessità, con un accenno sia pure lieve ad uno spazio dinamicamente condiviso tra cielo e terra che si protende con audacia verso il figurativo; l’interpretazione astratta di Vincenzo è geometrica, movimentata a sorpresa da concavità e da convessità, che nella scelta dei motivi lascia scorgere allusioni alla decorazione architettonica del quattrocentesco palazzo dei Diamanti a Ferrara, in una chiave coloristica di particolare suggestione per i delicati accenti cilestrini in combinazione con argentee tonalità di rosa.
Dando modo di riutilizzare quasi una definizione coniata da Maurizio Fagiolo, e cioè secondo un “realismo magico”, si colloca, a mio avviso, la coppia di dipinti di Patrizia Della Valle, capace di rendere con vivida efficacia le espressioni dei bambini, intensi protagonisti in primo piano. L’artista, caratterizzata da una forte carica emozionale e spiccato senso della teatralità, infonde nella sua opera un’efficace percezione della spazialità e acuto senso del colore.
Manuela Minacci da sempre appassionata e profonda indagatrice delle radici simboliche nella spiritualità, interpreta con avvincente fantasia il tema di Orbetello e della Maremma, identificandolo nel labirinto, metafora e immagine di ricerca interiore, in cui predominano la tranquillità dell’azzurro e la sacralità dell’oro. Agli stessi colori si collega l’altra tavola della Minacci, costruita sul tema dell’albero e del giardino, allegorie magicamente preziose del pensiero che ampio si protende e della cultura che nel tempo custodisce i suoi tesori.
Per le tele
di Silvia Fossati, dalle allegre note musicali in rosa e celeste che sono sfuggite alle linee di un rosso pentagramma, si potrebbe parlare di sinestesia tra surrealismo e astrattismo: nelle sue opere con coraggiosa audacia l’artista ritenta la sfida, già risalente al tempo delle Avanguardie, di esprimere con segni e colori l’impatto emozionale dei suoni armoniosi delle campane.
Infine un inserto originale, per la tecnica del ricamo e il divertente montaggio trompe-l’œil, il pannello frutto della collaborazione di Maria, Selenia, Maria Teresa, Giuseppina e Cynthia, raffigurante con ingenua stilizzazione un campo di girasoli, una vigna e il campanile di Badia.
Tante sarebbero da richiamare le suggestioni in cui il visitatore si immerge, grazie a questi artisti; soprattutto viene spontaneo l’augurio che essi non si fermino a questa mostra
ma ce ne preparino presto un’altra per offrirci ancora l’occasione gradita di riflettere,
contemplare, sognare…

Cecilia Filippini




 anche alla  CAMERATA DEI POETI
grandi avvenimenti accadevano
  un pubblico numeroso  caloroso  personaggi e studenti  con gli studenti vengo immortalata

  persino nel  retro copertina


del MAGNIFICAT

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