giovedì 5 settembre 2024
ANDRIA
Simbolo di Andria è Castel del Monte, situato su una collina a 17 km dall'abitato all'interno del parco nazionale dell'Alta Murgia,[ uno dei patrimoni dell'umanità dichiarati dall'UNESCO. Ad Andria nasce e viene prodotta la burrata di Andria IGP
Esistono diverse ipotesi sulle origini del nome ANDRIA
Alcuni affermano che deriva da Andros isola dell'Egeo nome ricevuto dall'eroe greco Diomede
Altri affermano che il nome deriva da Andreia, in seguito all'evangelizzazione della zona ad opera degli apostoli san Pietro e sant'Andrea, prendendo il nome da quest'ultimo, costretto a soggiornarvi a lungo a causa di una malattia
In seguito agli insediamenti in epoca alto-medioevale di nuovi abitanti negli "antri", che diedero il nome al nuovo centro.
Questi sarebbero stati costituiti dalle rovine dell'abitato greco di Netium (dove si erano rifugiati alcuni profughi in cerca di riparo dalle devastazioni della seconda guerra punica), che avrebbe cambiato nome in Andri, in Andra e infine in Andria, forse in epoca umanistica, ad opera del duca Francesco II Del Balzo o per conferire alla città natali più nobili e classici, ispirandosi alla commedia L'Andria di Terenzio, il cui volume risulta nell'elenco dei volumi presenti nella biblioteca del figlio Angilberto Del Balzo. l nome sta a significare "borgata"
Dagli insediamenti di monaci basiliani, fuggiti dall'impero bizantino tra il VII secolo e il IX secolo: anche in questo caso il nome deriverebbe dal vocabolo latino antrum o "grotta", in riferimento ai ripari (le "Laure") che i religiosi avevano scavato nella roccia tufacea visibili ancora oggi in città.
Andria, città dell’olio extravergine di oliva con la sua tipica “Coratina”, del vino rosso di uva Nero di Troia e del vino rosato di uva Bombino Nero, della
famosa burrata, inventata nei primi anni del 1900 da Lorenzo Bianchino Chieppa,
e dei tipici confetti ideati da Nicola Mucci nel 1894, fu una città cara all’Imperatore Federico II di Svevia tra il XII e il XIII secolo. Nella Cattedrale dimorano le spoglie di due delle mogli dell’Imperatore, Jolanda di Brienne e Isabella d’Inghilterra. In territorio andriese, inoltre, Federico II fece edificare nel 1240 l’edificio oggi diventato simbolo dell’intera Regione Puglia, meta ogni anno di migliaia di turisti e studiosi da tutto il mondo:
il Castel del monte.
Delle origini di Andria vi sono tracce che fanno presagire la sua esistenza fin dalla preistoria, forse fondata dal greco Diomede, eroe della guerra di Troia, dalla cui isola natìa (Andros) pare possa derivare il nome di Andria.
La storia millenaria della città è testimoniata da significativi siti archeologici, tra i quali si evidenziano quelli di Santa Barbara e di Monte Faraone.
Nel sito di Santa Barbara sorgeva un’antica città Illirico-Japigia, la misteriosa “Netion” o “Netium”, la cui distruzione pare possa essere collegata alla conquista dei Romani nel III sec. a.C. della Puglia, inizialmente colonizzata dai Greci. Lungo ciò che resta di una muraglia costruita intorno al colle di Santa Barbara, sono sparsi centinaia di frammenti di ceramica geometrica dipinta in stile dauno risalenti dal VII al V sec. a.C., e pezzi di ceramica grezza risalenti ad epoca anteriore.
Andria, dunque, città dalle origini molto antiche nelle cui adiacenze, così come indicato nella Tabula Peutingeriana, scorreva il famoso fiume “Alvedium o Alvedius” che proseguiva la sua corsa nell’attuale lama Camaggio Ciappetta, e della cui esistenza, stando a quanto descritto da Raffaele Ruta di “Archeologia viva”, quasi tutti gli autori delle antiche Topografie Historiche del Regno di Napoli (Corcia e Romanelli) concordano.
Andria acquistò importanza in epoca bizantina quale residenza dei monaci basiliani, fuggiti dall’oriente durante la lotta iconoclastica dei secc. VIII e IX. I basiliani hanno lasciato interessanti ipogei tufacei, ancora oggi visitabili, come le Chiese di S. Maria dei Miracoli, dell’Altomare, di Gesù della Misericordia e di Santa Croce.
Nel 1046 Pietro I Normanno diede origine all’agglomerato urbano elevandola a “civitas”, cingendola di mura con 12 torri di guardia e una rocca di difesa, i cui resti sono ancora visibili nei pressi di Porta Castello. Sotto il dominio dei Normanni nel 1073 divenne “Contea” e fu elevata a Sede Vescovile con San Riccardo inglese, dichiarato in seguito patrono della città. Ai normanni nel XII secolo successero gli Svevi sotto i quali, con Federico II, accrebbe valore grazie alla sua fedeltà, favorendone lo sviluppo con privilegi ed esenzioni fiscali.
Federico II la elesse a sua residenza e per questo, sopra una delle colline più alte del territorio murgiano, fece costruire Castel del Monte nel 1240.
Andria divenne contea angioina dal 1305, quando fu data in dote dal Re Carlo II d’Angiò alla figlia Beatrice, andata sposa a Bertrando dei Conti del Balzo. Sotto i del Balzo Andria fu elevata a Ducato e nel 1350 subì un disastroso assedio con incendi, distruzioni e morti, da parte di mercenari tedeschi e lombardi al seguito dell’esercito ungherese.
Andria fu feudo degli Orsini, poi di Consalvo di Cordova, infine dei Duchi Carafa, sotto i quali, nel 1799 subì un assedio con distruzione, incendi e stragi.
Incorporata nel Regno delle due Sicilie, seguì le sorti di questo fino all’Unità d’Italia eleggendo Garibaldi primo deputato della città.
Alla fine della seconda guerra mondiale con l’Italia liberata dalle forze alleate anglo-americane, Andria fu interessata da una vera e propria rivolta civile sfociata nella tragica giornata del 6 marzo 1946 caratterizzata dal martirio delle sorelle Luisa e Carolina Porro.
BORGO DI MONTEGROSSO
L’attuale villaggio rurale di Montegrosso venne realizzato agli inizi degli anni ’30 su iniziativa del Ministero dell’Agricoltura del Governo fascista e dall’Opera nazionale Combattenti, intorno allo “iazzo” (ricovero per greggi).
Il borgo di Montegrosso prende il nome dalla collina omonima che la sovrasta dall’alto dei suoi 397 metri ed è ubicato a 18 km. dalla città di Andria.
Fu centro di raccolta e deposito della produzione cerealicola della zona.
In passato Montegrosso fu interessata dalla Transumanza di cui vi è traccia nell’affresco murale esistente nel palazzo rinascimentale del Duca Belgioioso, originariamente costituito da un unico piano, chiamato “Torre”, mentre oggi è composto da due piani, al cui interno è conservato un affresco che attesta le proprietà del Duca.
Il borgo di Montegrosso attualmente ospita diverse decine di nuclei famigliari e si distingue per la presenza di attività per la ristorazione e ricevimenti nuziali come il ristorante pizzeria Borgo Montegrosso e Bontan. Famosa è la tipica osteria “Antichi sapori” di Pietro Zito.ESCRIZIONE
La Burrata di Andria IGP è un formaggio a pasta filata prodotto con latte vaccino e ottenuto dall’unione di panna e formaggio. L’involucro è costituito esclusivamente da pasta filata che racchiude, al suo interno, una miscela di panna e pasta filata sfilacciata a mano.
ZONA DI PRODUZIONE
La zona di produzione della Burrata di Andria IGP comprende l’intero territorio della regione Puglia.
METODO DI PRODUZIONE
Il latte può essere utilizzato sia crudo che pastorizzato a 72°C per 15 secondi e deve essere riscaldato a 35-37°C. La coagulazione, ottenuta con caglio di vitello naturale, è preceduta dalla fermentazione con addizione di acidi alimentari (acido citrico o lattico), latto-innesto o siero-innesto.
La cagliata, rotta in grumi della grandezza di una nocciola, viene liberata dal siero e lasciata riposare per completare la maturazione lattica. La pasta così ottenuta viene filata con acqua bollente ed eventualmente addizionata di sale. Una parte di pasta filata viene ridotta in fettucce sfilacciate a mano, quindi raffreddate in acqua fino a formare un ammasso spugnoso che viene successivamente miscelato con panna per costituire il ripieno (stracciatella). Lo sfilaccio effettuato manualmente non deve subire processi di rottura tali da trasformare gli sfilacci irregolari in un ammasso tritato. La parte restante di pasta filata viene forgiata in sacchetti, successivamente riempiti con la stracciatella e richiusi modellando con cura l’imboccatura. Le forme vengono successivamente sottoposte a rassodamento in acqua fredda. Può seguire la salatura con immersione in salamoia, se non effettuata in pasta durante la filatura oppure in panna.
ASPETTO E SAPORE
La Burrata di Andria IGP ha l’aspetto di un piccolo sacchetto di pasta filata, bianco e lucido, dalla forma rotondeggiante con la caratteristica chiusura apicale, realizzata manualmente, di dimensioni tali da consentire eventuale legatura dell’apice tramite rafia alimentare. Il ripieno, o stracciatella, ha una consistenza spugnosa ed è composto da pasta filata stracciata a mano immersa nella panna. La Burrata di Andria IGP ha un peso variabile tra 100 g e 1 kg e un involucro di spessore pari o superiore a 2 mm. Il gusto è dato dal sapore di latte fresco o cotto unito a burro e panna.
STORIA
Si tramanda oralmente che in un’antica masseria, nei primi decenni del Novecento, il signor Lorenzo Bianchino abbia inventato la Burrata di Andria. Si racconta che a causa di una forte nevicata, non potendo trasferire il latte in città, dovendo necessariamente trasformarlo e soprattutto utilizzare la panna, seguendo il concetto di produzione delle mantèche (involucri di pasta filata stagionata in cui è conservato il burro), provò a realizzare con lo stesso principio un prodotto fresco. Così il signor Bianchino pensò di mescolare insieme i residui della lavorazione della pasta filata con della panna e avvolgere il tutto in un involucro fatto anch’esso di pasta filata. Una delle prime segnalazioni risale al 1931 nella Guida del Touring Club, ottenendo sin da subito un successo enorme, tanto da trovare nello Scià di Persia uno dei suoi grandi estimatori.
GASTRONOMIA
La Burrata di Andria IGP deve essere consumata fresca. La durata limitata del prodotto (shelf-life) è indice di un inalterato legame tra tradizione produttiva e territorio. Nonostante ciò, la Burrata di Andria IGP gode di una ottima reputazione presso i consumatori, come si evince anche dalla notevole presenza nei menu di numerosi ristoranti del mondo, nei quali si evidenzia il pregio di tale prodotto specificandone la provenienza andriese.
COMMERCIALIZZAZIONE
Il prodotto è immesso in commercio tutto l’anno come Burrata di Andria IGP. È confezionato in sacchetti di materiale plastificato per alimenti o di altro materiale consentito per legge, eventualmente avvolta in carta plastificata o di altro materiale e legata all’apice, avvolta con foglie plastificate o di altro materiale di colore verde, in vaschette, in barattoli o bicchieri e/o immersa nel liquido di governo. Il prodotto deve essere conservato a una temperatura di 4-6°C. Sono ammesse confezioni tra 100 g e 1 kg.
NOTA DISTINTIVA
Al taglio, la Burrata di Andria IGP presenta un ripieno di panna e pasta filata sfilacciata “stracciata” a mano. Il termine stracciatella prende origine da questo metodo di lavorazione del ripieno.
La Burrata di Andria è un formaggio I.G.P. di latte vaccino, a pasta filata, a forma di sacca con la caratteristica chiusura apicale. Il suo ripieno morbido e filamentoso è composto da sfilacci di pasta filata e panna il cui insieme è detto stracciatella. Le materie prime selezionate, la particolare lavorazione manuale che prevede obbligatoriamente la sfilacciatura manuale della pasta filata e la caratteristica chiusura apicale (testa), sono gli elementi distintivi della Burrata di Andria. Per realizzare l'interno, infatti, la pasta filata deve essere necessariamente sfilacciata (stracciata) a mano fino ad ottenere dei "lucini" irregolari anche della dimensione di un capello (distinguendosi così facilmente da triti realizzati meccanicamente). Inoltre, lo sfilaccio manuale consente alla pasta filata interna di amalgamarsi alla panna in modo equilibrato, ottenendo così un ripieno "morbido", grazie al corretto assorbimento della panna (non troppo denso né troppo liquido); pertanto al taglio vi sarà la fuoriuscita di panna e sfilacci. Origine
L'invenzione della burrata è frutto della sapiente arte casearia andriese. Si tramanda oralmente che in un’antica masseria nei primi decenni del secolo scorso Lorenzo Bianchino abbia inventato la burrata di Andria. Si racconta che a causa di una forte nevicata, non potendo trasferire il latte in città, dovendo necessariamente trasformarlo e soprattutto utilizzare la panna o crema che naturalmente affiorava, seguendo il concetto di produzione delle mantéche (involucri di pasta filata stagionata in cui è conservato il burro), provò a realizzare con lo stesso principio un prodotto fresco.[1] Pensò pertanto di mescolare insieme i residui della lavorazione della pasta filata con della panna richiudendo il tutto in un involucro fatto anch'esso di pasta filata, donandole, infine, la caratteristica chiusura apicaleCaratteristiche principali
La burrata di Andria si presenta come una sacchetto di pasta filata foggiato a mano nel quale include "sfilacci" della stessa pasta filata e panna. L'insieme di panna e "sfilacci" di pasta filata è detto "stracciatella". La stracciatella deriva proprio dalle modalità di preparazione del contenuto. La pasta filata viene stracciata a mano a formare dei "lucini" irregolari.
Il peso varia da 100 g a 1000 g e si presenta all'aspetto di colore bianco latte, con un involucro spesso circa 2 mm. La consistenza del ripieno è di una massa sfilacciata immersa nella panna. La forma è di una sacca tonda, dalla caratteristica chiusura apicale. L'aroma con piacevoli sentori di lattico fresco o cotto, burro e panna. Al gusto si apprezzano note dolci, sapide e acide ben in equilibrio.
Processo di produzione
La burrata di Andria viene prodotta tutto l'anno e il metodo di lavorazione prevede le seguenti fasi:
Acidificazione: Si procede alla fermentazione del latte in modo naturale con fermenti selezionati, latte innesto o siero innesto, oppure con l'aggiunta di acidi alimentari (acido citrico o lattico).
Riscaldamento: all'acidificazione del latte segue il riscaldamento in caldaia alla temperatura di 35° - 37 °C
Coagulazione: segue l'aggiunta del caglio naturale di vitello o microbico vegetale che deve favorire in pochi minuti la coagulazione del latte. A coagulazione avvenuta si procede alla rottura della cagliata fino all'ottenimento di grani di dimensione di una nocciola. Dopo la rottura segue un periodo di risposo nel corso del quale il siero sgronda dalla cagliata che si assesta e acidifica per la filatura.
Filatura: Trascorso il periodo di maturazione, ove necessario, la cagliata viene filata con acqua bollente in alcuni casi salata.
Formatura e raffreddamento: Opportunamente lavorata, una parte di pasta filata deve essere ridotta in fettucce, quindi raffreddate in acqua, poi viene sfilacciata, formando un ammasso spugnoso, che miscelato con la panna liquida costituirà il ripieno della Burrata di Andria . La restante parte di pasta filata viene forgiata in sacchetti che vengono riempiti con la miscela precedentemente preparata.
Dopo aver richiuso su se stesso il sacchetto con il suo contenuto, e modellata con cura l'imboccatura, la forma viene sigillata con acqua bollente e/o legata al collo con legacci, raffreddata immediatamente in acqua per un tempo che varia secondo la pezzatura.
Salatura: La fase della salatura può avvenire mediante immersione in salamoia dopo il raffreddamento, o in pasta durante la filatura.
Confezionamento: La Burrata di Andria deve essere confezionata nell'azienda di produzione all'interno della zona geografica delimitata, in quanto si tratta di un prodotto fresco che tende facilmente a deperire.
La Burrata di Andria può essere confezionata:
• in sacchetti di materiale plastificato per alimenti, quindi avvolta in carta plastificata e legata all'apice con steli di rafia per uso alimentare,
• avvolta con foglie plastificate di colore verde;
• in vaschette, in barattoli o bicchieri e/o immersa nel liquido di governo.
Il prodotto deve essere conservato ad una temperatura di 4 °C ±2.
La pezzatura di ogni confezione è compresa tra 100 g e 1000 g
La manteca è un prodotto agroalimentare simile alla burrata, ma con l'involucro esterno più duro realizzato con la pasta della scamorza al cui interno è presente il burro.
Il riconoscimento IGP
A partire da novembre 2016, la Burrata di Andria ha ottenuto dall'Unione europea il riconoscimento di Indicazione geografica protetta (IGP). La produzione è consentita su tutto il territorio regionale. Il latte vaccino con cui viene prodotto deve soddisfare determinate caratteristiche organolettiche ed anche le fasi di produzione sono rigidamente regolamentate[2]. La produzione è tutelata dal Consorzio di Tutela della Burrata di Andria IGP.
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