In argentina d’estate è molto caldo e a Carnevale c’era l’uso di bagnarsi, andavano sopra i tetti femmine, uomini e gettavano acqua. Ho visto tanta gente con i panni attaccati alla pelle tanto erano zuppi di acqua.
Se esci in quei giorni non c‘è speranza ti bagnano tutto, non c’è rispetto né per i forestieri né per gli stranieri. Per diversi giorni la gente si riuniva nella grande via centrale tutta vestita di ogni colore e si divertiva a gettare serpentine e coriandoli tanti tanti da ricoprire la strada.
A Magisano a Carnevale usava vestirsi e girare di casa in casa dove uno aveva gli amici si fermava a scherzare a bere ed a mangiare.
Ora dei grandi non si veste più nessuno.
Prima del 1957 circa per le strade del paese veniva realizzata la “farsa” un’operetta messa in scena da una trentina di persone.
Recitavamo una volta sulle strade davanti al rione Randi e alla chiesa, la gente del paese ci seguiva come in processione e alle nostre battute si fermava ad ascoltarci.
Eravamo solo giovanotti le donne non recitavano e le parti come la Rosetta, le vecchiettine erano interpretate da uomini.
Tutte piccole parti Rosetta diceva:
Io son la Rosetta son Rosettina
e sono d0amore e son d’aspetto
il giorno vedo tante “luminere”
la notte….
Pulcinella lo chiamavan Pulcinella.
C’era solo un libro e tutti studiavamo in un sala dove ognuno recitava la sua parte fino a saperla
A memoria.
Nella parte di Giacinto questo personaggio diceva:
io si Giacio e su Giacinto!
quello che porta la spada d’argento!
Avevamo dei bei vestiti e qualche cosa la preparavamo anche da noi, una spada di legno un cestino.
E sempre Giacinto continuava:
e se per caso la tiro da questa cinta
rifaccio “arepulara” a tutti quanti.
C’era la parte del pidocchioso (pidocchioso):
Nù jurno le piducchia me mazzularano
entro nu valle senza codarone.
Le parti più difficili erano il capitano che doveva entrare più volte.
Ho fatto le farse per quattro anni dal 1912 al 1916.
Tanti e tanti personaggi sono ancora vivi nella mia mente.
La vecchierella col fuso che filava….
U n anno venni da soldato mi ricordo che era il 1917 arrivai di notte e nessuno mi vide.
Il giorno dopo era Carnevale e così decisi di vestirmi da donna non riuscirono a scoprire la mia identità fino a quando no la svelai.
Mi piaceva tanto la parte proprio di un personaggio che chiamavamo Carnevale, anzi come diciamo noi “Cannillevare”.
IoCannillevare
su sceruso
non mi è mai passata una mosca per il naso
e lo sapete dove sono valoroso
per quei maccheroni con su il cacio
e di salsiccia e soppressate non mi basta
una barca caricata.
Mi mangerei tutti i somari di Crotone
e tutte le ragazze di Gimigliai.
Il Pezzaro
Che vende roba fine!
Non costa niente solo se mi farete mettere
una mano tra i vostri seni
per cacciare la mia malinconia.
Va proprio così il mondo.
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