domenica 3 febbraio 2008

SULL'INTRECCIO, ancora non risolto, TRA I GIARDINI E LA MIA VITA

Storia dell’ombrello… che non voleva chiudersi! 

 Teneramente conquistata dai giardini di Firenze ! Ero così felice un anno fa, sotto la pioggia fitta, fitta, scrosciante con i sandaletti e senza calze; era per me la prima volta al giardino Bardini ...e come l’avevo percorso per ogni angolo rimanendo conquistata dalle piccole pietre, i sassolini dei sentieri, dalla vegetazione, dalla scenografica scalinata, dalle statue, dal loggiato, dal panorama mozzafiato contraddistinto dalla distesa dei coppi color cotto dell’Impruneta che da lì si gode di Firenze, di ... e da te. I piedi era impossibile salvarli si andavano completamente, liberamente bagnando, ma la sensazione non era affatto spiacevole, anzi, a dire il vero, quelle gocce di pioggia mi stavano rendendo parte della natura come se la mia metamorfosi vegetale stesse per iniziare …
 Per la testa al contrario nessun problema; il mio ombrello aveva deciso: rimango sempreaperto! Imbarazzata mi ero così affacciata sotto il grande tendone del rinfresco, quasi quasi stavo per andarmene, se non fosse venuto in aiuto un cameriere, il quale vedendo, forse anche divertito dai miei inutili tentativi di chiudere quell’ombrello me lo aveva preso di mano con gentilezza; “ Troviamo un posto adatto anche per l’ombrello!” Insomma era normale per lui, o almeno lo dimostrava con quel sorriso, rincuorante che l' OMBRELLO fosse rimasto aperto sotto la pioggia sempre più scrosciante. Avevo così avuto via libera per tuffarmi in quel ben di Dio : tra cibi e bevande per poi ritornare a riprendere il mio bell’ombrello sempre aperto e davvero ben custodito! Anche all’autista del pullman sembrò normale che l’ombrello non si chiudesse e così, con i piedi completamente bagnati di pioggia, con la leggerezza del cuore, meravigliosamente innamorata ero ritornata pei i viali di una Firenze che sentivo ancora più bella, profumata, bagnata di gocce una, due, tre,.... cento, mille e più gocce di pioggia, ognuna con un pezzetto di cielo dentro o almeno così sembrava al mio cuore.. Ricorreva la festa del santo patrono d’Italia, San Francesco. Oggi 21 Ottobre ritornavo al Bardini per puro caso. Non l’avevo preventivato, nè ne avevo desiderio (Anche il ritardo pazzesco dell’autobus sembrava non volermici: ricondurre quasi non desiderasse rendersi complice di questo ritorno). Forse io inconsciamente non volevo perché… il mio cuore innamorato aveva conosciuto il linguaggio della solitudine… la pioggia, però mi aveva sospinta fitta, fitta anche in questa ventunesima giornata d’Ottobre, ma non scrosciante; la pioggia come la prima volta! Non più i sandali ai piedi e senza calze e con un ombrello più docile ai miei comandi di aprirsi e chiudersi; tutto nella norma! L’esposizione fotografica: “1931, il giardino italiano in mostra” non mi sollecita più di tanto; troppo, troppo affollata... troppo, troppo solitaria, troppo… e mi manca il coraggio di inoltrarmi per i sentieri, di ripercorrere con lo sguardo le meraviglie del giardino di Stefano, quello Stefano Bardini che tanto ha fatto per rendere Firenze un centro mondiale dell’antiquariato internazionale. Mi manca il colore di cielo in queste gocce di pioggia, quel meraviglioso sentirmi leggera- innamorata, mi manca quel sorriso quel gesto del cameriere che aveva trovato un posto adatto al mio ombrello sempre aperto! 365 giorni e più erano passati! SULL'INTRECCIO, ancora non risolto,TRA I GIARDINI E LA MIA VITA...
 Da BOBOLI, appena giunta a Firenze da Perugia , mi sono trovata conquistata tanto da approdarvi quasi ogni giorno, per paura di perderlo per “rubarlo così con lo sguardo” ogni volta, come la prima volta. In quel tempo Pitti entrava nella mia “familiarità” per merito di una guida dolcissima, di Andrea, uno degli uomini meravigliosi della mia vita..... Al BARDINI mi sono... per quei segreti sentieri del cuore che nessuno sa , neppure io. Al BOSCO DI FONTELUCENTE, conquistata dall’Osmanto dall'intenso profumo, regalatomi da onde di vento e dai secolari cipressi che, come obelischi egiziani ,si innalzano verso il cielo...ed immaginando già il patrimonio di sculture che Amalia, la mia amatissima Amalia, avrebbe da lì a poco donato. In mezzo al palpitare di foglie di ogni forma a misura.... mi piace qualche volta toccarle, respirando profumi.godendo dei raggi del sole o sotto gocce di pioggia, teneramente a piedi nudi per amore del contatto con la sacra Terra, io piccola onda d’azzurro, leggero filo d’erba, foglia, fiore, spina, anello di una catena dove tempo e spazio si congiungono nell’infinito, io stavo amabilmente percorrendo i sentieri della vita nei giardini … Sono le persone a rendere amabilmente amabili i luoghi. 
Carmelina Rotundo Auro 

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