lunedì 25 giugno 2007

Moglie mia ...

MOGLIE MIA DAMMI MILLE LIRE
CHE IN AMERICA VOGLIO ANDAR

1923 mi sposai, 1924 nacque Rosario.
Eravamo all’affitto, comunque con l’animo dei “briganti” cominciammo a fare una casa: una sola camera riuscimmo a fabbricare con i pochi soldi che avevamo.
Mi venne la pazzia allora, nel 1925 d'andare in America.
Di Magisano eravamo 11 persone e 20 valigie.
Da S.Pietro il postale fino a Catanzaro.
Il treno dai sedili di legno fino a Napoli.
Nella valigia due tre vestiti di flanella pesanti, cappotti, due tre paia di scarpe tutte cose troppo pesanti da poter utilizzare. Noi credevamo di trovare là l’inverno ed invece saremmo arrivati all’inizio della primavera del tempo caldo.
Da Napoli c’imbarcammo sulla nave Conte Rosso fino a Genova.
Due erano le navi passeggere di allora: Conte Rosso e Conte Verde.
A Genova visita, esame e partenza con la re Vittorio. Nella cabina stavamo in quattro chi “rancava” da una parte chi dall’altra, ma eravamo affiatati molto.
Per mangiare la grande sala in mezzo la tavola le sedie e attaccate la CARTOLINA su cui c’era scritto quello che ci sarebbe stato quel giorno da mangiare. Ventiquattro giorni di navigazione fino a Buenos Aires, poi treno per Santa Fè.
In questa città avevo l’indirizzo di un paesano la prima settimana trovai un lavoretto per le vie; lavorammo due tre mesi poi restammo senza lavoro ci dicevamo “alla via”. Gira, gira trovammo un lavoro a Rosario per quindici giorni in seguito un mese lavorativo, un mese no (a ruota).
Vivevamo quattro persone in un stanza sola: cucina con una spiritiera. In Argentina la carne era regalata tanto costava poco (io per niente); tutti i viveri erano a vile prezzo: il pane, il latte….
Trovai un lavoro in una fabbrica a duecento metri di distanza da dove abitavo “macinavamo” soda caustica (facevamo una miscela calda dentro un recipiente in polvere mischiata, mettevamo in bussolotti si saldavano si mettevano in cassette si legavano e si vendevano).
Dopo tre anni questo lavoro venne meno, non si vendeva più e allora ne cercai un altro. C’era un giovanotto di Messina, faceva il conduttore sopra un autobus. “Perché non ci riprendiamo un autobus? Magari a rate? Comprammo un internazionale lo scheletro completamente a nuovo il motore l’assettammo” a 200-300 chilometri e dopo due tre mesi eravamo pronti per andare sulla via al lavoro. Il nostro servizio fu sulla linea L.
Il mio compagno faceva il conduttore, ma ne prendemmo un altro che si dovevano coprire venti ore di lavoro.
In un secondo tempo pensai d’imparare anch’io a guidare mi misi di buona lena e presi la patente d’autista “haio piato mi ce ne isegnai e mi cacciai la patente d’autista”.
Incassavamo dagli 80-85 pesos al giorno pagavamo: 20 pezze al giorno le cambiali, 20 gli operai ed erano 40, 30 li mangiava lui (l’autobus) di benzina e d’olio, 5 alla municipalità perché dovevamo comprare i biglietti e 1 pesos il garage.
Il mio socio aveva però un difetto non c’era giorno che mi spendeva 2-3 pesos in gelati, paste: come potevamo tirare avanti? Litigammo.
“Così non possiamo tirare avanti o vendi tu o compri tu, o vendo io o compro io”, gli dissi un bel giorno.
Il mio socio non se lo fece ripetere due volte e disse: “compro io”. Per non venir meno alla parola data accettai, gli chiesi i contanti la parte del capitale investito.
Lui non li aveva e mi fece delle cambiali, ma scaduto il primo mese non vidi denari.
Pensai di andare da un avvocato per far sequestrare il pullman, ma l’avvocato si mise d’accordo con il mio socio,
andai da un altro avvocato il quale mi consigliò di raccogliere tutte le carte che lo avrebbe fatto sequestrare subito”.
Nemmeno un mese e arrivammo ad effettuare il sequestro entro la città stessa.
È un sequestro” mi ricordo ancora che fermarono il pullman al centro della città con tutta la gente sopra.
Li pregò, “Così mi rovini” lo lasciai andare, mi arrabbiai e ritornai in Italia con un passaporto valido due anni d’andata e ritorno….. ma non sarei più ritornato in Argentina anche se allora non potevo saperlo.

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