martedì 1 giugno 2010

Quando la «Piagnona» suonava

a campana posta nel chiostro di S.Antonino del museo di S. Marco è molto famosa ed in fatto di fortuna e sfortuna, anche se oggi ridotta al silenzio, ha ben da dir la sua! Proprio con la forza che hanno le cose del passato e che nessuno può far tacere.
Essa è cosi particolare che ha persino un suo nome proprio: «Piagnona». L’origine della parola nasce dall’usanza tipica dei fiorentini di trovare espressioni vivaci e colorite. In questo caso particolare a darle il nome furono i nemici del Savonarola: gli «Arrabbiati», i «Compagnacci» e i «Palleschi» i quali definirono Piagnoni i seguaci del frate. La parola passò quindi a designare lo squillo che li chiamava a raccolta.
Il 5 aprile 1498 la «Piagnona» suonò a martello per radunare il popolo allo scopo di difendere il convento di S. Marco e fra Girolamo dall’assalto dei suoi nemici, ma invano. Savonarola venne preso, imprigionato, processato, torturato, condannato alla forca e il 23 maggio, dopo essere stato impiccato, arso in Piazza della Signoria dove una lapide oggi ne ricorda la morte «per iniqua sentenza». Proprio questa domenica 23 maggio in Piazza della Signoria, si svolge la tradizionale «fiorita» in ricordo della morte di Savonarola e dei suoi due confratelli condannati all’impiccagione e al rogo. La mattina un corteo storico raggiunge Piazza Signoria,dove una rappresentativa del Comune e una rappresentanza di frati domenicani dopo la messa nella Cappella dei Priori, in Palazzo Vecchio, recherà una corona di fiori sulla lapide che ricorda il martirio. Poi il corteo si muoverà verso il Ponte Vecchio, dove in Arno saranno gettati petali di fiori per ricordare la dispersione delle ceneri del frate nelle acque del fiume.
Anche la campana, da quel 23 maggio, non ebbe più vita tranquilla e dopo la morte di Savonarola venne calata giù dal campanile, infranta, condotta a dorso di un somaro, frustata dal boia e relegata in esilio a S. Salvatore al Monte, fuori dalle mura cittadine. Nell’ordinanza della Signoria si giunse a decretare che la Piagnona, quale rea di alto tradimento e qual nemica della patria, fosse bandita dalla città per cinquant’anni.
La perdita della campana arrecò molto dispiacere ai Domenicani di S.Marco che iniziarono subito a chiederne la restituzione che avvenne il 5 giugno 1509. Da allora essa restò sul suo campanile fino all’ultimo rintocco del 5 giugno 1908, quindi per pericolo di essere frantumata dai colpi del battaglio, fu collocata a riposo nel chiostro dove attualmente si trova. Sopra un ceppo di legno la Piagnona si presenta in tutta la sua bellezza con la parte superiore ornata di un fregio di graziosi puttini attribuito dal Carrocci alla scuola di Donatello. Più in basso, nei due tondi, le figure in rilievo della Vergine col Bambino e di San Domenico in gloria tra gli angeli.
Nella sua lunga e travagliata vicenda la Piagnona ha suonato per occasioni liete e tristi: per la morte del Santo vescovo Antonino, del Beato Angelico, di Lorenzo il Magnifico. Altri episodi non sono conosciuti come quello del 1870 quando, in occasione della presa di Roma, tutte le campane della città dovettero, per forza, suonare a festa: il sacrestano, fra Mario, respinse un gruppo di giovani che si erano precipitati a suonare anche la campana di San Marco e così nla Piagnona, in quell’occasione, restò muta.
C. R. Pubblicato sul n 19 del settimanale TOSCANA OGGI 23 MAGGIO 2010

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