martedì 19 luglio 2011

io tu

IL NOCIAIO
RACCONTO ambientato sul TRENO da Perugia a Terontola e a Firenze nella sala di attesa di 2° classe a Terontola .
IL NOCIAIO.
E’ possibile che odiavo tutto mentre dai finestrini del treno passavano gli alberi, i colori d’autunno, le foglie, il marrone delle terre, dei tronchi, i gialli ; avevo paura, la paura.
Ma il Sole e le cose sono più forti di me e ora, dalla stazione di Tuoro, cominciavo a riscoprire, a rivedere le cose; l’acqua, le erbe, il sole; sono i nostri occhi che fanno le cose belle, la nostra coscienza a renderle vivibili ed ora che anche il treno si allontanava da Perugia riuscivo a viverle, le zolle della terra, i pali di cemento delle viti, una serie di arbusti con foglioline piccole, piccole attaccate agli alberi; mi divertiva questo gioco, appena scoperto, di abbassare gli occhi per pochi secondi e poi, di rialzarli un attimo dopo per vedere il paesaggio trasformato già diverso: le case, la pineta lassù , due fienili, la casa colonica appena rimessa c’era ancora la gru là vicino, gli alberi, la campagna che si stendeva assolicchiata , non avrei mai finito quel gioco e non pensavo, almeno mi illudevo di non pensare : non ce la farà, non ce la può fare, è tutto inutile !
Il treno intanto stava arrivando diritto, diritto nella stazione di Terontola, puntuale questa volta, perché tanto la coincidenza per Firenze ci sarebbe stata solo un’ora dopo.
Un’ora di attesa nella piccola sala di seconda classe coi sedili di legno ben divisi dai braccioli : avevo il tempo di riordinare i pensieri, di riordinarli tutti.
Per ogni volta che il gabbiano cerca di volare.
Per ogni volta che rimane ferito.
Per ogni volta che ritenta di volare
perché questo è il suo destino.
Mi ritornava in mente la tenacia e la vittoria di Jonathan il gabbiano perché assurda è la vita la mente umana è assurda.
Per anni avevo vissuto nella convinzione del tempo, che occorresse
il tempo, per fare tante cose, oggi di fronte a Cesare, il tempo non esisteva.
Nostra madre passava le ore tutte uguali, non so con quale forza sperando, però che arrivasse la sera e avendo paura che ritornasse il giorno.
Per Cesare il tempo non esisteva; per lui tutti i momenti e le persone non esistevano , non c’era nemmeno l’amore di nostra madre, così tenace …
così ...troppo immenso per darti la possibilità di donare: per Cesare esisteva il suo male, l’angoscia che livellava ed uccideva tutto.
Si alzava un martello spietato e “bang”, un colpo tra i suoi pensieri : li metteva in disordine, non sapeva più scegliere , i problemi tutti li aveva lì presenti, solo i problemi, non c’era nient’altro e l’ impossibilità di scegliere, o meglio l’incapacità di scelta.
Il signore accanto a me continuava imperterrito a sminuzzare qualcosa che teneva nascosta bene fra la carta : potevano essere due fette di pane, ma a me piaceva pensare che fosse un pezzo di dolce ; sminuzzava, faceva briciole. Muoveva, facendo quel rumore tipico di accartocciamento, la carta ; vicino in un sacchetto, teneva della frutta, addirittura noci, come era rumoroso, come un
nociaio e, sbocconcellava
Come è assurda la vita, la vita che delirio !
La signora, alla mia sinistra, parlava di gelati col figlio ;
gli unici silenziosi erano il signore seduto al tavolo che leggeva le pagine di un giornale completamente aperto, mi davano un’immagine che mi piaceva, erano come una tovaglia, un lenzuolo; silenzioso era anche un giovane dall’aria intellettuale come quella che di solito si assume a quell ’età e il vecchietto dai capelli bianchi che proprio ora si stava alzando per andare a prendere il treno appena arrivato.
Le noci intanto non erano finite, i suoi denti diventati schiaccianoci continuavano, Ah, la vita !
Ah, la vita !
Non sapevo dare delle risposte. non volevo darle. non sapevo di averle. Il tempo si era fermato, non esisteva !
Le mattonelle grigie e nere si ripetevano nella sala di attesa di questa
stazione, sulle mattonelle il bambino non parlava più con sua madre, ora lei parlava con un’altra coppia. Che strano personaggio in cappello stava entrando dalla porta di fronte, ma niente poteva fermare il mangiare del nociaio.
Un Amore, si’ un Amore di quelli che ti travolgono che ti lasciano la possibilità di respirare e che ti porti su onde azzurre senza mai stancarsi, ma il tempo era freddo, l’aria entrava dalla porta aperta della sala di attesa; fredda era la luce delle lampade al Neon e gli occhi e il mio corpo non sapevano colorare gli azzurri.
Un amore che travolge le cose ed io che mi illudevo…sempre …
sempre.
Cesare, su Cesare avevo perso le mie illusioni,le mie speranze erano chiuse in una durissima corazza di ferro di una fittissima maglia di grigie trame che si chiamavano angoscia, disperazione..
..ma la più forte di tutte, la paura.
Non potevo più vivere nemmeno io ?
Dovevo vivere io ? Chi ero io per vivere, per sorridere ? Lui no ? Lui mai ?
Il folle mangiatore, richiusa la sua valigia, si era alzato per scomparire dalla porta centrale e forse per sempre.
Nessuna delle cose lì aveva cambiato di posto: ne’ una mattonella, ne’ una luce, ne’ il signore che continuava a leggere il giornale aperto, ne’ l’intellettuale; eravamo nel momento fatato dell’attesa dei passi che risuonano Il mangiatore era rientrato improvvisamente dalla porta laterale per sedersi proprio accanto a me ed ora leggeva il giornale in silenzio ,questa volta senza nemmeno battere ciglio, assorto, molto assorto: al mio orologio erano le 16,10.
Quaranta minuti erano passati e Cesare ?
Cesare? Cesare ? Mi pareva ingiusto che fosse ancora così ma le mie proteste non erano ne’ saggezza, ne’ capacità di accettare forse? Disperazione, rabbia , insofferenza, malessere e mi sentivo male, non respiravo più , gli occhi sulla parete della sala di attesa: mi ritornavano alla mente e proiettavo chiaramente i volti dei signori Genovese , il loro amore per Cesare, lui come un fratello, la moglie ne soffriva tanto di questa situazione e, quando poteva, portava a Cesare i dolci. le cose più strane. La forza di tentare che ti davano gli operatori del CIM : Flavio Temperini, Gualtiero, Mario, la dottoressa Cerletti.
Ma la chitarra era nella sua custodia, Giorgio non riusciva a fargliela suonare, la polvere era sulle sue lettere e sulle cartoline che riceveva tutto. tutto era immobile intorno a lui, nella sua mente .la grande fucina dei suoi pensieri, cattivi pensieri, come diceva lui, era in funzione e si agitavano e l’agitavano senza creargli risposte, alternative speranze.
La gioia che potevano promettergli gli amici Floriana Carla, Fabio, Gabriele Silvano, Luciano, Cristina, Maria Grazia, Lucia, Giuliano non riusciva a superare il muro della sua indifferenza :
” Andate via. voglio stare solo “.
In quel momento, perdevo anch’io la forza di vivere.
Un amore, ci voleva la forza, la comprensione
di un amore, ma io non sapevo, ne’ viverlo, ne’ cercarlo, anche nella mia mente c’erano delle assurdità delle cose che spesso non volevo accettare.
Tua sorella







IO
Le esperienze, l'incontro con l'uomo della mia vita, fanno sì che continui ad interrogarmi: l’integrazione, è possibile? E' impossibile?

TU
Venivi dal mistero
del tempo e dei luoghi
venivi dall'Egitto, terra di faraoni e schiavi, di piramidi e povertà, di deserti e della fertilità del Nilo, di Chador e di danze del ventre, di tombe e di tesori, di misteri....
Da una storia che è mito

Occhi neri, capelli neri: tu
occhi azzurri, capelli chiari: io
I nostri baci tra cespugli e sotto alberi maestosi, tra fili d'erba e fiori di meravigliosi giardini popolati di statue, o sotto alberi di olivo bellissimi; ci amavamo immergendoci nei cieli, nei verdi, nei colori dei fiori, nei profumi.


Senza permesso di soggiorno tu, abituato a lavorare dall'età di dieci anni, a viaggiare, a essere indipendente, abituato a fare "di testa tua", senza che i genitori potessero intervenire data la distanza geografica. Piccolo, avevi la maturità di un uomo, ma il sorriso era quello di un fanciullo perché dentro ti erano mancati i giochi, le corse... avevi voglia di sognare?

Io che venivo da una famiglia dove il papà militare aveva dato un'impostazione così rigida all'educazione, da tentare di tarpare ogni volo ai figli, anche se questo, devo riconoscere mi ha resa "forte". Mi ha sempre spinta a cercare strade alternative per volare.
Mia madre, la dolcissima, mitigava tutte le tempeste con il suo sorriso, di una generosità immensa. Non pensava a sé ma agli altri, è lei che ha donato all'animo mio la “meraviglia” della vita: la poesia.

Tu, che scrivi da destra verso sinistra, io occidentale, che scrivo da sinistra verso destra.

Che cosa trovavi in me? Tu così diverso, sempre mi ripetevi: “Carmelina scendi dall'albero!”
O forse mi hai scelto perché ero proprio sull'albero?
Senza permesso di soggiorno.

Di notte abbiamo organizzato la spedizione per Roma al consolato d’ Egitto per fare i documenti perché tu potessi restare in Italia. Baci in una notte d’amore io “fuggivo” dalla tragedia che colpiva la mia famiglia: mio fratello malato, ricoverato a Foligno, mia madre persa dietro di lui, per lui.
I miei fine settimana tra Firenze e Perugia. A Firenze con papà che stava rivelando delle doti di affetto che, fino ad allora, non gli avevo attribuito: se trovava delle mie cose personali sporche me le lavava, io per lui ero “tutto” avevo sempre ubbidito, studiato con ottimi risultati a scuola fin dalle elementari.
Niente preoccupazioni per ragazzi, viaggi di studio, papà era orgoglioso di me…. Mia madre pensava solo a Cesare, dormiva su un materasso buttato a terra in quell’ ospedale dove lo andava a trovare.
Io che prima di salire sul treno Firenze Perugia, incontravo tu che mi offrivi un bicchiere di latte, scherzavi: eri bello, alto, statuario, con te raggiunsi altre dimensioni.

Per rimanere in Italia.
Unica soluzione: sposarti.
Io che non potevo dire nulla ai miei genitori, tanto lo sapevo bene mi avrebbero tarpato le ali, le parole di mamma e papà erano sempre le stesse: studia, lavora, un uomo non è nulla, devi pensare ad altro; cosa ti dà un uomo?
Non conoscevo nulla di te, né genitori, né parenti, né gli amici, nel tuo sorriso l’immensità, mi facevi ridere, scherzare, niente domande né lui, né io: due piccole gocce di universo che provavano a stare insieme.
Del fatto che volevo sposare Sayed ne parlavo molto a scuola, già perché io insegno inglese alla primaria e da sei anni sono tutor all’università, realtà che mi riempie di gioia infinita.
All’epoca insegnavo anche italiano agli stranieri al Centro Internazionale Giorgio La Pira, dove ho conosciuto lui, uno studente.

Ritornando alla scuola.
Le mie colleghe si stavano preoccupando” chi sarà?”, “perché la vuole sposare” e per essere certe che fosse lui l’uomo della mia vita organizzarono un rinfresco, la Pina fu generosa mettendo a disposizione la sua casa per un rinfresco da capogiro.
Lui che aveva superato la prova a gonfie vele, bello, simpatico e sempre gentile.
Dato che in famiglia non avevo detto nulla, non potevo nemmeno chiedere soldi.
Per che cosa? Sarebbero serviti per scarpe e vestito da sposa?
Anche questa volta fu la scuola a risolvere tutti i miei problemi. Una mia collega ( moglie del futuro assessore alla Pubblica Istruzione) me lo prestò, lineare, di pizzo con un velo lunghissimo, anche lui quando me lo vide addosso disse che l’avrebbe desiderato così, in mano le calle, il mio fiore preferito.

Per dopo.
Le mie colleghe erano preoccupate: “Andrà in giro con il vestito da sposa!”
Comprarono due completini davvero eleganti, a pois e l’altro azzurro, il mio colore preferito, una borsetta blu e un paio di sandali bianchi.

Per corredo.
Bicchieri, piatti dipinti a cuoricini, persino le due tazzine di caffè e la macchinetta dipinta con il cuore e due vestaglie da notte da sogno.
In tutto il tempo dei preparativi il direttore della scuola veniva da me in classe dicendomi:
“Mi raccomando maestra Carmelina si sposi una volta sola, non gestisco più la scuola: i bambini e i genitori a preparare i regali, a studiare le tradizioni arabe, so che il giorno del matrimonio, venerdì 9 Maggio (per i musulmani è il giorno festivo), le portano al suo matrimonio!”
La mattina prima, l’8 maggio, esco da casa con la mia caramella targata “Il Bisonte” dicendo di andare ad un convegno, portavo solo un cambio.
I miei genitori mi hanno insegnato l’onestà, invece andavo in una camera ammobiliata con una signora di 91 anni, madre di un maestro (tanto per rimanere in tema scuola), invece andai a scuola a svolgere le mie lezioni. Intanto consegno una lettera ad una amica, una “grande” che godeva la stima anche di mamma e papà.

<< Caro papà, cara mamma,
ho incontrato l’uomo della mia vita, per lui ho deciso di abbandonarvi. Non sono venuta meno ai vostri insegnamenti e ai vostri principi in cui credo, parto! Porto solo lo stretto necessario e se vorrete non riconoscermi più come figlia sappiate che non tornerò indietro.>>

Raccomando ad Anna di telefonarmi per informarmi dell’esito della lettera e mi ritiro nella casa in via Ghibellina aspettando che arrivino le 20 accanto al telefono per sapere gli esiti della spedizione.
Io e Tina sedute al telefono ad aspettare, passano le ore, nulla, io che tremo e dico vedrai papà l’ha uccisa così ho rovinato due persone, invece Tina risponde: “No, no conoscendo tuo padre e la sua nobiltà d’animo ti dico che l’ ha invitata a cena” io che insisto sul no.
Arriva la telefonata, è dopo mezzanotte: “Ma Anna che fai, perché mi chiami così tardi?” “Perché tuo padre dopo che ha letto la lettera mi ha invitata a cena e non potevo mica dirgli scusi telefono…”, quel tempo non esistevano ancora i cellulari.
Ha detto tuo padre che domani verrà.
Il giorno dopo vedo papà, lui puntuale.
L’uomo della mia vita, in ritardo,.
Papà mi abbraccia: ”Non ti preoccupare, ti riprendo io!”
Sayed arriva all’ultimo tuffo, aveva ritardato per le calle, una scusa, lui arrivava sempre in ritardo.

Sala rossa
9 maggio 1986 sarebbe divenuto il giorno della festa europea, l’inno alla gioia di Bethoveen.

Foto con i miei alunni.
A Palazzo Vecchio nel chiostro col puttino del Verrocchio. Penso che ho io il primato degli invitati più giovani, dato che erano alunni delle elementari, tantissimi, elegantissimi e con il lancio del riso e di petali perché loro le avevano studiate con i genitori, con le maestre le usanze, volevano rendere onore a lui ed a me.
Papà preoccupato mette in tasca a me un milione e uno a lui. Nobile tuo padre non ha dato due milioni a te, li ha dati uno a lui uno a te. Io che consegno tutto a lui determinando il passaggio di amministrazione da mio padre al marito: io per la pratica sono stata sempre un disastro.

Ristorante”Pepe verde”
Al mercato di San Lorenzo, lasciato libero per noi …matrimonio di scuola di …amore tra petali e riso non c’è nessuna uguaglianza lontani nel fisico, negli occhi, nel modo di interpretare la vita, la religione, lui non mangia maiale, io ne vado pazza. Avevamo perso una splendida opportunità di dialogo. Chi aveva sbagliato?
Riusciva a farmi ridere sempre, mi attraeva il suo portamento, il suo fisico statuario.
Mai insieme nella cultura, invece e nella tempesta coinvolti i nostri corpi.
Chi, e perché abbiamo sbagliato?

Tu, Io..


Una giornata d’azione: con Maria Bindi ( non potrei contare gli anni della nostra profonda, sincera, disinteressata amicizia, so solo che quando c’è bisogno lei c’è, è al mio fianco ) dicevo in azione con la sua auto, appena arrivata allo studio di una “grande” artista, donna di grande spessore professionale e umano, lei che appartiene alla generazione di artisti Ciardi Duprè che ha abbellito, arricchito i nostri paesaggi riuscendo a parlare al cuore… Appena giunte per cercare di caricare. quella montagna deforme-informe di sacchetti contenenti soprattutto indumenti e chincaglierie-ornamenti
“.. che macchina ha tuo marito?”
come Maria, spaventata da quel disordine, stava pensando all’auto di lui per chiedergli aiuto? Non ho il tempo per esprimerle questa mia supposizione che aggiunge:
“ è passato ora...”
La mia fuga metodica e faticosa era dunque fallita? Tutto inutile; ora mi avrebbe colpita e messa k.o. , era giunto il mio momento, la paria aveva deciso di tagliare il filo, pazienza per me, ma per Maria no, non doveva succederle nulla, era venuta per aiutarmi non per condividere una tragedia.
Ferme immobili. Lui è già al mio fianco.
“Che cosa hai deciso?”
“Di non tornare mai più con te.”
Lui che con un tono di voce che non lascia trasparire emozioni, come se facesse una dichiarazione di fronte ad un pubblico ufficiale:
“Ti amo, io ti amo.”
Occhi negli occhi penetranti, due ore e quindici di conversazione durante la quale io piango, lui che sostiene la tesi senza implorare, senza cedere di tono terminando con: “Dammi questa carta da giocare”
“Verrò a prenderti stasera, dimmi dove”, ho appena il fiato di dirgli.
Ripercorro con lo sguardo le opere dello studio create da Amalia: da qualche mese ogni mattina all’alba mi piaceva soffermarmici, godere delle linee delle sue sculture, dei colori dei suoi dipinti, del segno dei disegni; tutte quelle opere mi parlavano d’amore, avevano le “ali” per volare, vivevo in quello studio; attrazione, amore, armonia, bellezza, tanto da poter cominciare ogni giornata serena anche se… stavo fuggendo dall’uomo che avevo profondamente amato.
Amalia Ciardi Duprè mi aiutava, apriva il mio cuore alla speranza. Maria che ritorna a casa, io che ceno con Amalia: erbette, patatine, profumi..anche in cucina lei è creativa.
La passeggiata notturna con Sayed è per me lunghissima, sono allo stremo delle mie energie.. quasi non riconosco l’auto, quante cose avevo rimosso di lui!! Lui che era diventato il mostro di cui avevo paura, dal quale dovevo fuggire.
“Se sarà contento senza di me che lo sia, quando un uomo ed una donna non si riconoscono è inutile restare e chiedere spiegazioni.”
All’apertura della porta di casa il mio sguardo va alla libreria dove compaiono buchi vuoti.
Nadia che vedendomi dichiara:
“Papà ma che hai fatto? Hai raccattato la mamma per la strada?”
“Vostra madre è tornata per sempre”.
Il tono di voce di Sayed non lascia trasparire emozioni-sensazioni, è neutro, forse è una sua sicurezza interna raggiunta in questi giorni, frutto di una revisione?
Provo ad accennare delle domande..
“Dove sono le mie cartelle, i libri..”
“Non puoi farmi domande. Non possiamo farci domande altrimenti non ce la faremo mai a ricostruire il nostro rapporto: la pagina è bianca.”
Anche io in quell’istante ho la convinzione, la certezza, che non posso e non potrò fare domande; se vogliamo ricominciare dobbiamo comportarci come se ci conoscessimo ora. La pagina doveva essere bianca, vergine.
..Sayed una domanda devi concedermela:
“Perché solo ora mi dici Ti amo?”
“Non mi sono accorto di amarti finchè non te ne sei andata. Quando tu non c’eri non dormivo più, questa casa era vuota…”
… così diversi?
“Ti ho amato immensamente Sayed, ora tocca a te..”

“Non abbiamo altre strade che quelle dell’Amore.”
STESURA BREVE
inquadrare yvonne che fa la vetrata dedicata alle 4 stagioni è enorme e dovrà sostituie i vetri rotti dell' ex convento da lei trasformato in studi e museo permanente il lavoro è armonia di colori e di forme e indica nel trascorrere del tempo le stagioni ci sarà inserito un orologio funzionante che segna il tempo

la nostra storia è nel tempo quindi mentre ferve il lavoro

una lettera viene consegnata i contenuti precisi non esitono piu' mio padre però so che la conserva er dirmi la vuoi vedere ora come se quella lettera fosse un pugnale e per i miei genitori allora lo fu le mie parole li uccisero dentro
è una lettera d'amore dove dico ai miei genitori che avendo trovato l'uomio della mia vita e pur avendo sempre seguito i loro insegnamenti decido di lasciare la casa dove ho vissuto 33 anni e son gli anni di cristo guarda caso da allora...
non ho tolto nulla da casa ne ho sottratto denaro e sono certa del passo che vado a fare tanto da poter accettare anche un loro rifiuto che mi rinneghino tanto io ho trovato la felicità
preparo la mia caramella bisonte,
paola potremmo andare se ce la danno in prestio con appena un cambio perchè a mamma dico che ufficialmente vado ad un convegno è l'8 maggio 1986
la lettera intanto viene da me consegnata ad una amica di cui papà ha grande stima con l'ncarico di consegnarla la sera mentre io vado in via ghibellina al 63 in una camera ammobilita con una anzina signore di 91 anni

raccomando ad anna di telefonarmi appena consegnata la lettera pr saperer che cosa avessero detto i miei genitori
poi la riordiniamo
che cosa mi aveva colito in questo uomo ?
data l'educazione rigida ricevuta e dato che la mia vita girava tutta intorno alla cultura piangevo se prendevo 10-meno
non avevo avuto esperienze e questo uomo giovane bello sempre sorridente mi faceva ridere fu attraente pe me cercavo.... insomma il sesso
la sera io e nonna tina accanto al telefono.... passano le ore nessuna telefonata mi prende la paura che mio padre avesse ucciso anna dopo aver letto la lettera ma tina mi diceva conoscendo tuo padre l'ha invitata a cena io a voglia a ripeterle assurdo .. dopo la mezzanotte arriva la telefonata io che dico ad anna ti sembra l'ora sai tuo padre dopo aver preso visione della lettera mi ha invitata a cena per parlarne ed in piu' ha aggiunto ha detto di dirti che domani ci sarà la mattina grandi preparativi il direttore allora giorni prima mi aveva convocata dicendomi carmelina per favore si sposi una sola volta altrimenti mi svuota la scuola infatti dato che io non potevo parlare del matrimonio con i miei genitori o prendere i soldi tutto era stato preparato dalle colleghe e dai genitori il vestito in prestito i due vestiti per dopo la cerimonia comprati dai genitori e cosi' le scarpe bianche e la borsa i capelli la madre di un mio alunno che è guarda caso un famoso parrucchiere di firenze i fiori tantissimi incredibile e i petali per onorare la tradizione dell' uomo che sposavo e il riso per la nostra tradizione io al settimo cielo

cerimonia lui arriva in ritardo sulla concezione del tempo infatti lo straniero ne aveva una tutta sua mio padre mi abbraccia è arrivato già a palzzo vecchio mi dice che se ni arrivasse mi riprende lui in casa io che scoppio a piangere e gli dico che non farò pe rmia figlia cio' che sta facendo per me intorno a noi i bambini della scuola tutti e elganti con i fiori in mano una matimonio scolastico INSOMMA LA SCUOLA PENSA PAOLA entra a pieno tittolo nel mio matrimonio è la scuola ad aiutarmi e lui lo avevo conosciuto a cuola i facevo la volontaria al centro la pira insegnando italiano a queste persone e
alunno di una mia colLega ma ci ritrovavamo sempe nel salone per la ricrazione ... mio fratello in tutta questa storia intanto gioca un ruolo determinante ho scritto il nociao che narra per filo e per segno quella sofferenza assurda in cui noi 4 ci saimo trovati mia madre addirittua dormiva con cesare per paura all 'ospedale di foligno che ragingevola notte del sabato per tornare la domanica ed il pomeriggionon artivo erchè vedevo lui l'amore pensa andavo con l'ultimo treno pur di no perdere quelle ore con quest'uomo disintossicamento da pscico farmaci perchè cesare si fosse ridotto cosi' lo spiego nel nociao che puoi scaricare da
carmelinablog.blogspot.com
mettendo il nociaio nella casella con la lente d'ingrandimento

ritorniamo al lavoro della vetrata pezzi colorati armonie che si vanno componendo storie di viaggi il lunedi intanto da via ghibellina ci eravamo traferiti in via della stufa dove incominciai ad innamorarmi della campane campane di san lorenzo del duomo una strada stretta umida sotto ci sono i magazzini di frutta e verdura senza finestre solo una del terrazzino che però non si apriva mai pechè se no enrravano i topi che come sai sono nelle cantine sulle verdure e al mattino quel rumore di ruote un topino a dir la verità c'era ed ogni sera al ritorno dal lavoro io che aspettavo su una sedia e lui che con una scopa dava copli alla libreria piena di ibri per caccarlo e lui scappava e allora si dormiva
l'umidità della casa era assurda d'estate quando dicevo che dormivo con la coperta mi chiedevano ma dove vivi' mia madre venuta a trovarmi pianse sua figlia cosi ridotta c i portava la spesa intanto il bagno lo facevo incredibile con una stufina alle spalle di dove mi mettevo l'acqua cose che a rifarle morirei di spavento ma c'era l'amore ed il lunedi' a fare i viaggi per far conoscere l'italia venezia roma portovenere la via dell amore le 5 terre tutte documentate con racconti vivaci belli allegri conosciamo persone artisti che poi ci inviteranno a portovenere sulla calata a trascorrere diverse estati

via della stufa era vicino alla stazione vicina al suo lavoro io invece andavo ad insegnare a scandicci dopo 3 anni in cinta di sara un giorno 1989

tremo tutta avevo avuto un tentativo di scippo a cui avevo reagito e forse la paura era scoppiata tremavo tutta membra braccia non controllavo piu nulla ricovero in ospedale e analisi a non finire nulla e tutto passava intanto e ritornavo in via della stufa ma forse non era piu' salutare stare l' umidità topino

oggi alla fermata chi ti incontro una persona che viveva con il proprietario della casa di via della stufa era infatti un mio carissimo amico poetap ittore che ultimamente ha tentato il suicidio 4 volte ed ora da 20 giorni è in una casa famiglia le persone che stavano con lui hanno dovuto lasciare la casa che sarà venduta dalle sorelle so per una grossa cifra perchè era stata comprata per farci vivere ui e queste 2 pesone segiute dalla usl sai con vieri eravamo moltiamici ero felice con lui tutto quello scrivere poesie fare quadri costituiva un grosso legame un poeta ecellente era ricchissio ha case e ville de una volta mi ricodo mi arrivaron delle rose un fascio enorme...mi ha amato ed io stavo bene con lui poi la vita io i sposo ci allontana non tanto perchè veniva sempre a trovare le bimbe insomma incredibile strera ho incontrato l'amico con cio viveva vieri chissa forse insieme anche se non sposati lui non avrebbe tentato 4 volte il suicidio? dilemmi inutili anche io in ondo voglio lasciarmio andare dopo le gravidanze perdo un occhio ed il dottore mi dise1991 che sare divenuta no vedente mi considera un miracolo vivente ed ogni mattina che apro gliocchi dico anceh per oggi ci vedo poi da diverdi anni il fibroma il tumore beniglo come lo chaima il mio dottore che mi rivcorda che lui non è la madoona e mi puo' fare la grazie ma fondamentalmente paola mi lasco andare vivo quanto dvo vivere e poi...

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