sabato 9 febbraio 2013

IL NOCIAIO



IL NOCIAIO
RACCONTO ambientato sul TRENO da Perugia a Terontola e a Firenze e nella sala di attesa di 2° classe a Terontola .
IL NOCIAIO.
E’ possibile che odiavo tutto mentre dai finestrini del treno passavano gli alberi, i colori d’autunno, le foglie, il marrone delle terre, dei tronchi, i gialli ; avevo paura, la paura.
Ma il Sole e le cose sono più forti di me e ora dalla stazione di Tuoro cominciavo a riscoprire, a rivedere le cose ; l’acqua, le erbe, il sole; sono i nostri occhi che fanno le cose belle,
la nostra coscienza a renderle vivibili ed ora che anche il treno si allontanava da Perugia riuscivo
a viverle, le zolle della terra, i pali di cemento delle viti, una serie di arbusti con foglioline piccole piccole attaccate agli alberi; mi divertiva questo gioco, appena scoperto, di abbassare gli occhi per
pochi secondi e poi di rialzarli un attimo dopo per vedere il paesaggio trasformato già diverso: le
case, la pineta lassù, due fienili, la casa colonica appena rimessa c’era ancora la gru là vicino, gli
alberi, la campagna che si stendeva assolicchiata, non avrei mai finito quel gioco e non pensavo,
almeno mi illudevo di non pensare : non ce la farà, non ce la può fare, è tutto inutile !
Il treno intanto stava arrivando diritto, diritto nella stazione di Terontola puntuale questa volta perché tanto la coincidenza per Firenze ci sarebbe stata solo un’ora dopo.
Un’ora di attesa nella piccola sala di seconda classe coi sedili di legno ben divisi
dai braccioli : avevo il tempo di riordinare i pensieri, di riordinarli tutti.
Per ogni volta che il gabbiano cerca di volare.
Per ogni volta che rimane ferito.
Per ogni volta che ritenta di volare
perché questo è il suo destino.
Mi ritornava in mente la tenacia e la vittoria di Jonathan il gabbiano perché assurda è la vita
la mente umana è assurda. Per anni avevo vissuto nella convinzione del tempo, che occorresae
il tempo, per fare tante cose, oggi di fronte a Cesare il tempo non esisteva. Mia madre passava le
ore tutte uguali,non so con quale forza sperando,però che arrivasse la sera ed avendo paura che
ritornasse il giorno. Per Cesare il tempo non esisteva;  per lui tutti i momenti e le persone non
esistevano,  non c’era nemmeno l’amore di sua madre, così tenace così .. troppo immenso per darti la possibilità di donare; per Cesare esisteva il suo male, l’angoscia che livellava ed uccideva tutto.
Si alzava un martello spietato e “bang” un colpo tra i suoi pensieri: li metteva in disordine, non sapeva più scegliere, i problemi tutti li aveva lì presenti, solo i problemi, non c’era nient’altro e la impossibilità di scegliere, o meglio l’incapacità di scelta.
Il signore accanto a me continuava imperterrito a sminuzzare qualcosa che teneva nascosta bene fra la carta: potevano essere due fette di pane, ma a me piaceva pensare che fosse un pezzo di dolce; sminuzzava, faceva briciole, muoveva facendo quel rumore tipico di accartocciamento;
la carta ; vicino in un sacchetto,teneva della frutta, addirittura noci, come era rumoroso, come un
nociaio e sbocconcellava
Come è assurda la vita. La vita che delirio !
La signora alla mia sinistra parlava di gelati col figlio; gli unici silenziosi erano il signore seduto al tavolo che leggeva le pagine di un giornale completamente aperto, mi davano un’immagine che mi piaceva, erano come una tovaglia, un lenzuolo; silenzioso era anche un giovane dall’aria intellettuale come quella che di solito si assume a quell’età e il vecchietto dai capelli bianchi che proprio ora si stava alzando per andare a prendere il treno appena arrivato.
Le noci intanto non erano finite, i suoi denti, diventati schiaccianoci, continuavano ,
Ah, la vita !
Ah, la vita !
Non sapevo dare delle risposte.non volevo darle, non sapevo di averle,  il tempo si era fermato
non esisteva !


Le mattonelle grigie e nere si ripetevano nella sala di attesa di questa stazione. Sulle mattonelle il
bambino non parlava più con sua madre, ora lei parlava con un’altra coppia. Che strano personaggio
in cappello stava entrando dalla porta di fronte, ma niente poteva fermare il mangiare del nociaio.,
Un Amore, sì un Amore di quelli che ti travolgono che ti lasciano la possibilità di respirare e
che ti porti su onde azzurre senza mai stancarsi, ma il tempo era freddo, l’aria entrava dalla porta aperta della sala di attesa; fredda era la luce delle lampade al Neon e gli occhi e il mio corpo non
sapevano colorare gli azzurri. Un amore che travolge le cose ed io che mi illudevo..sempre ..
sempre.
Cesare, su Cesare avevo perso le mie illusioni, le mie speranze erano chiuse in una durissima
corazza di ferro di una fittissima maglia di grigie trame che si chiamavano angoscia, disperazione..
..ma la più forte di tutte, la paura.
Non potevo più vivere nemmeno io ?
Dovevo vivere io ? Chi ero io per vivere, per sorridere ? Lui no ? Lui mai ?
Il folle mangiatore, richiusa la sua valigia si era alzato per scomparire dalla porta centrale e forse
per sempre
Nessuna delle cose lì aveva cambiato di posto:  ne’ una mattonella, ne’ una luce, ne’ il signore che
continuava a leggere il giornale aperto,ne’ l’intellettuale ; eravamo nel momento fatato dell’attesa
dei passi che risuonano Il mangiatore era rientrato improvvisamente dalla porta laterale per sedersi
proprio accanto a me ed ora leggeva il giornale in silenzio,questa volta senza nemmeno battere ciglio, assorto, molto assorto ;al mio orologio erano le 16,10. Quaranta minuti erano passati e Cesare ?
Cesare?Cesare ? Mi pareva ingiusto che fosse ancora così,ma le mie proteste non erano ne’ saggez- za, ne’ capacità forse disperazione, rabbia,insofferenza, malessere e mi sentivo male, non respiravo
più, gli occhi sulla parete della sala di attesa mi ritornavano alla mente e proiettavo chiaramente i volti dei signori Genovese, il loro amore per Cesare, lui come un fratello, la moglie ne soffriva tan-
to di questa situazione e quando poteva portava a Cesare i dolci. le cose più strane. La forza di tentare che ti davano gli operatori del CIM: Flavio Temperini, Gualtiero, Mario, la dottoressa Cerletti.
Ma la chitarra era nella sua custodia, Giorgio non riusciva a fargliela suonare.La polvere era sulle
sue lettere e sulle cartoline che riceveva tutto.tutto era immobile intorno a lui, nella sua mente .la
grande fucina dei suoi pensieri , cattivi pensieri come diceva lui.,era in funzione e si agitavano e
l’agitavano senza creargli risposte, alternative speranze. La gioia che potevano promettergli gli amici Floriana Carla,Fabio, Gabriele Silvano, Luciano, Cristina, Maria Grazia, Lucia, Giuliano non
riusciva a superare il muro della sua indifferenza .” andate via.voglio stare solo “.
In quel momento,perdevo anch’io la forza di vivere,. Un amore ci voleva la forza, la comprensione
di un amore ,ma io non sapevo, ne’ viverlo, ne’ cercarlo, anche nella mia mente c’erano delle
assurdità delle cose che spesso non volevo accettare.
Tua sorella Carmelina
per circa due anni sono stata pendolare
al fine settimana da Perugia a Firenze e viceversa.



 

 Nella sala DEI NOTARI a PERUGIA

 

La mia mente voleva far testamento di cose che vanno, che vengono,
che si ricordano, che si dimenticano,
che si amano, che si odiano,
che appaiono, che scompaiono,
 la mia mente voleva far testamento
di giuramenti non mantenuti, mai cancellati.
La mia mente diventata Don Chisciotte….

                Eravamo un posto solo occupato in prima fila nella sala dei Notari
le altre 279 sedie vuote.
Io in piedi, dietro al banco di legno scuro
parlavo di che,
  che cosa non mi ricordo bene…
ah , sì di un amore
“ E' presente il signor. Gabl El Sayed M.A. ?”,
Dovevo dirgli una cosa importante.
Non ho ancora finito, che il custode accende le luci del grande salone,
   che così illuminato appare in tutto il suo splendore.
Favole greche, storie del vecchio e nuovo testamento
Il signore seduto in prima fila annuisce con la testa
“Allora?"
 Un attimo appena di esitazione
"allora.... dovevo dirgli che lo amo"
In alto,  sulla destra, i vetri di Murano, per terra il cotto dell'Impruneta.
Oltrepassiamo insieme il portale del legno di faggio verso la piazza IV Novembre
la fonte Maggiore, la facciata della Cattedrale di S. Lorenzo, gente tanta sulle scalette,
piccioni volanti ora sulla fontana, ora vicini alle persona
saltellanti, a passeggio come noi per Perugia!
Nessuna cosa aveva dimenticato la mia mente di quel viaggio
ed insieme tutte le aveva versate in quella sala dei Notari
dove erano racchiuse per incanto :
Venezia con i suoi vetri di Murano
Firenze con il suo cotto dell'Impruneta.
        Carmelina Rotundo


 Al lago TRASIMENO
 Una pioggia di foglie verdi, piccole,
illuminate dal sole,
in alto scendendo più scure, fresche portando l'ombra,
le canne all'orizzonte dietro montagne si confondono col cielo ,
azzurro perfetto come se fosse dipinto.
Le foglie al vento parlanti,
gli uccelli che stanno volando paralleli al lago.
Non potevamo parlare, il vento e le foglie parlavano per noi ,
 gli uccelli cantavano per noi,
i grilli.
 Ah, questa pioggia di foglie su di noi e la farfalla bianca, nota dolcissima tocca l'erba
Ora, tra le voci della natura;
 percepisco
soavissima, più dolce  di tutte il “flotto”.dell' acqua appena, appena lo senti ,. il gabbiano che lascia ll disegno delle sue ali bianche.
 Luglio 1987 sotto la pioggia di foglie piccole
 El Sayed ed io al lago Trasimeno.
La mia mente voleva far testamento di cose che non ricordava, che perdeva
che annullava .
La mia mente voleva tornare in quei luoghi per respirarli di nuovo
di notte di giorno.
La mia mente era diventata matassa arruffata di fili dorati.





L’ARRIVO DEL TRENO 
 L’arrivo del treno
riempie lo spazio e il
tempo di quel preciso
istante
Il suono inconfondibile di
oggetto meccanico in
movimento su rotaie tocca
alberi declivi
ogni più piccola
foglia di grandi chiome
e poi le lascia
quasi in attesa del prossimo arrivo.


Vorrei ..
vorrei comprarmi
un berretto
a mafioso,
uno scialle
e partire sul
treno delle 5.
Vorrei comprarmi
un paio di scarpe leggere
una valigia marrone
metterci dentro
pezzetti di cielo
di terra
uno spicchio
di luna
due raggi di sole
e partire
per dipingere
i sogni di sempre
sul treno delle cinque.

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