Poesie scritte da Carmelina Rotundo
E illustrate da Ermella Cintelli nel libro “MERAVIGLIA”:commentate da Serena Biagini
CASTELLI DI SABBIA
Mi avevano insegnato
a fare castelli di sabbia
ma nessuno mi aveva avvertito che
potevano facilmente essere distrutti.
La prima volta che furono demoliti
piansi..
Ben presto però
Capii che piangere non serviva :
bastava solo raccogliere sabbia
per costruire altri castelli.
SINCERITA’
Una bambina con la sincerità trasparente
Simile ad ali di farfalla.
Passò un uragano e distrusse quelle ali
leggiadre,
la farfalla ferita si guardò intorno,
capì subito che non avrebbe più
potuto volare.
Piano piano con le forze
rimaste si portò sulla corolla di un
girasole.
Il profumo le diede sollievo
Il sole la riscaldò.
Quant’amore ritrovato
Quanta gioia nel suo ricordo.
Leggendo con attenzione queste poesie e cercando di andare oltre il loro reale significato, sorge spontaneo accostarle alla condizione di chi ha vissuto e vive la disabilità “non come un’atroce disgrazia ma addirittura come una fortuna, se il limite si trasforma in apertura all’infinito”, per riprendere le parole di Marco Viani, contenute nella sua testimonianza diretta.
“Castelli di sabbia” e “Sincerità”, in questa ottica, potrebbero essere interpretate come il ritorno alla vita di una persona dopo un forte trauma che l’ha sconvolta completamente, facendola precipitare nella totale disperazione e rendendola incapace di reagire (“La prima volta che furono demoliti piansi”; “Passò un uragano e distrusse quelle ali leggiadre, la farfalla ferita si guardò intorno, capì subito che non avrebbe più potuto volare.”). E’ anche grazie all’affetto e alla solidarietà delle persone care, alla forza ottimistica che riescono a trasmettere, e all’intervento delle varie associazioni che operano a 360° a favore dei diversamente abili affetti da patologie acquisite e congenite, dando un contributo assistenziale e riabilitativo, ma anche un sostegno psicologico e di accettazione continua della propria condizione, come ad esempio il Centro Santa Maria agli Ulivi-Fondazione Don Gnocchi di Pozzolatico (Firenze), che una persona diversamente abile può avere la possibilità di migliorare, recuperare, “rialzarsi in piedi”, sorridere nuovamente alla vita, alle sue gioie e ai suoi dolori (Ben presto però capii che piangere non serviva: bastava solo raccogliere sabbia per costruire altri castelli..”; “Piano piano con le forze rimaste si portò sulla corolla di un girasole. Il profumo le diede sollievo. Il sole la riscaldò. Quant’amore ritrovato. Quanta gioia nel suo ricordo.”).
A questo proposito, viene alla mente l’esperienza di Fulvio Frisone (alla storia della sua vita è dedicato un film, “Il figlio della luna”), tetraplegico dalla nascita, tuttora quarantenne fisico nucleare, che dal 1995 lavora all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare dell’Università di Catania in qualità di ricercatore, poiché ha avuto in sé l’appoggio della sua famiglia, soprattutto di una madre straordinaria, che, grazie ad un suo metodo intuitivo, alla sua costanza e pazienza, Fulvio, nonostante le diagnosi negative dei medici, ha imparato a parlare, a leggere, a scrivere e disegnare, ricorrendo anche all’ausilio di un casco dal quale pende un sottile braccio meccanico, costruitogli dal padre. In una società in cui la normalità è il modello da seguire e la diversità è bandita, questa donna ha lottato con tutto e con tutti, Istituzioni comprese, perché il proprio figlio crescesse e studiasse come tutti gli altri coetanei, prima nella scuola pubblica, all’Università in seguito, arrivando addirittura a far modificare una legge che prevedeva per i ricercatori universitari una “sana e robusta costituzione”. Grazie alla forza d’animo e alla tenacia di questa madre, Fulvio ha potuto studiare, diplomarsi, laurearsi e affermarsi professionalmente dedicandosi ad una delle sue passioni, oltre alla poesia e alla pittura, la fisica. Tutta la sua famiglia è cresciuta con lui e la madre, ha imparato con loro e da loro, perché Fulvio e la madre, a mio avviso, ci hanno dato e continuano a darci una grande lezione di vita, e cioè che la speranza e il coraggio di non arrendersi mai di fronte alle difficoltà riescono ad abbattere qualsiasi tipo di barriera e fanno raggiungere importanti traguardi, talvolta impensabili.
In conclusione, l’esperienza di Marco Viani, di Fulvio Frisone, e di altri come loro che condividono la stessa esperienza, insegnano che per apprezzare al meglio la vita e il mondo circostante bisogna rischiare di perderli e che dobbiamo cercare di puntare sempre in alto, anche quando sembra irraggiungibile.
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