martedì 3 aprile 2012

meraviglia

Poesie scritte da Carmelina Rotundo
E illustrate da Ermella Cintelli nel libro “MERAVIGLIA”:
HO..
Ho creduto,ho lottato
Ho sofferto,ho provato gioia.
Ho odiato,ho amato
Ho pianto,ho sorriso,
ho guardato il cielo azzurro,
il mare profondo
un giardino pieno di fiori;
ho tentato di capire
che cosa vuol dire stare vicino ad un essere umano
e sono ritornata,sola, per la mia strada
con una spina e un ricordo in più.
UN FIORE
Puoi disperdere tutti i suoi petali
nel vento e poi,
calpestarli.
Che tu lo voglia o no
un fiore avrà sempre la forza
di rinascere.


Dopo aver letto queste due poesie, ho riflettuto tanto sul loro significato: in entrambe ho trovato un unico filo conduttore che si snoda in questo mix di sentimenti così forti e così opposti come l’aver amato e l’aver odiato, l’aver sofferto e l’aver provato gioia, l’essere calpestati e il rinascere. Tutto questo mi fa venire in mente la debolezza apparente e la grande forza interiore che contraddistinguono le persone disabili.
Il loro percorso sicuramente parte in salita: all’inizio provano odio per questa loro condizione, provano sofferenza per non riuscire a fare ciò che fanno gli altri e questo li fa sentire tremendamente “diversi”, come le cosiddette “pecore nere” della società; marchiati a vita da un’etichetta che il destino ha scelto per loro. Sono molte, infatti, le persone che non si sentono integrate nella società: quanti disabili, come del resto fanno gli “abili”, si avvicinano alle persone con cui condividono il banco di scuola o la scrivania a lavoro, ma a differenza dell’individuo “abile”, il disabile viene accettato solo apparentemente. Si pensi al fatto di invitarlo ad una festa di compleanno o ad un’uscita in un locale che si organizza tra compagni di classe o tra colleghi di lavoro: i disabili spesso non vengono invitati perché la diversità viene vissuta come causa di disagio.
Ritrovo questo concetto nelle parole della poesia “HO..” di Carmelina Rotundo: “ Ho tentato di capire che cosa vuol dire stare vicino ad un essere umano e sono ritornata, sola, per la mia strada con una spina e un ricordo in più”. Questi sono i sentimenti che prova una persona disabile nel vedersi trattata così, gli stessi che proverebbe una persona “abile” : ecco il vero problema culturale che riguarda la nostra società, il fare differenze,il non essere empatico e il non accorgersi dell’altro come entità da valutare oltre quell’involucro che è il corpo. La società deve superare questo problema anche grazie all’intervento della scuola, la quale si impegni a formare giovani più consapevoli.
Ciò che, però, caratterizza il percorso del disabile che, come ho già detto parte sicuramente in salita, è, come ci richiama l’incipit della poesia “HO..”, la forza e la voglia di lottare, di credere in un riscatto per loro stessi e per la loro esistenza. Infatti solo lottando e credendo di superare gli ostacoli, le persone disabili possono abbattere le barriere che la società gli mette davanti.
L’esempio di tutto questo ci viene da alcuni disabili: in particolare vorrei citare Pablo Pineda, la prima persona con sindrome di Down a ottenere in Europa un titolo universitario. Prima di laurearsi, Pablo, ha impartito una lezione sul cinema ad un gruppo di bambini della scuola elementare di Cordoba. A quest’incontro ha parlato del film “ Yo También” (= “Anch’io”) nel quale interpreta sé stesso. Alla richiesta di una bambina di spiegare la scelta del titolo del film, lui ha rivelato che si è trattato di una metafora per riaffermare i diritti delle persone con sindrome di Down: “anch’io posso, anch’io posso farlo, anch’io posso studiare, anch’io posso innamorarmi”. Ha poi aggiunto: “ So che se finisco a fare il maestro, l’impatto per la società potrebbe essere brutale. Le famiglie infatti continuano ad avere paura delle persone con la sindrome di Down, paura che diventino maestri, paura che diventino il/la fidanzato/a dei loro figli, ma sono stanco di essere considerato l’eterno bambino,l’eterno alunno. Ora tocca a me insegnare!” .
Questa testimonianza mi ha colpita molto e credo ci sia tutto il senso del finale della poesia di Carmelina Rotundo “UN FIORE”: “Che tu lo voglia o no, un fiore avrà sempre la forza di rinascere”.

Letizia Bordoni

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