sabato 31 dicembre 2022

 Intelligenza e spregiudicatezza hanno reso Francesco di Marco Datini il simbolo dell'intraprendenza pratese. In lui l'audacia e il valore nel condurre gli affari si univano a particolari doti di benefattore, facendone uno straordinario esempio di mercante del primo Rinascimento.

Nacque a Prato intorno al 1335 da una famiglia modesta. I genitori morirono nella peste del 1348 e Francesco, dopo aver appreso i primi rudimenti presso alcune botteghe fiorentine, si trasferì ad Avignone dove operò fino al 1382.
Tornato nella sua città con la moglie Margherita Bandini, fondò una specie di holding company costituita da società di capitali ad Avignone, Firenze, Pisa, Genova, Barcellona, Valenza e Palma di Maiorca.

Visse tra Prato, dove costruì il suo bel palazzo, e Firenze, dove aveva la società che dirigeva il gruppo. Sempre più ricco e rispettato, si dedicò al commercio di ogni genere di mercanzia, dal grano alla lana, dal pellame, ai panni, agli oggetti preziosi; a Prato fondò un lanificio e una tintoria, a Firenze una compagnia bancaria. Stabilì rapporti di stima e amicizia con illustri personalità; tra i molti ospiti della sua casa Francesco Gonzaga, il cardinale Pietro d'Ailly, Leonardo Dandolo, ambasciatore veneziano e il re Luigi II d'Angiò. Si deve al Datini anche la costruzione della Villa del Palco a Filettole. Morì il 16 agosto 1410 disponendo l'istituzione del "Ceppo dei poveri di Francesco di Marco", l'odierna Casa Pia dei Ceppi, a cui il mercante lasciò tutti i suoi beni, valutati oltre 100.000 fiorini d'oro.

Il Palazzo Datini rappresenta un raro esempio di edificio laico tardo-gotico, affrescato sulle pareti esterne dopo la sua morte; negli spazi del piano terra è sistemato il Museo Casa Francesco Datini, dove si possono ammirare gli splendidi apparati pittorici che il mercante aveva commissionato.

Parte del palazzo è occupata dall'Archivio di Stato che conserva il prezioso fondo documentario del mercante: 1193 pezzi, dal 1361 al 1411, con un imponente carteggio di circa 150.000 lettere. Si tratta di una testimonianza unica a livello mondiale dell'attività mercantile, industriale, bancaria di un mercante della seconda metà del Trecento.
Tra le molte attività benefiche, Datini fu particolarmente vicino ai frati di San Francesco. Proprio in quella chiesa si trova la sua lastra tombale, realizzata da Niccolò di Pietro Lamberti.






Francesco Datini nella provincia di Prato è dedicata una scuola intitolata "Istituto Professionale Statale Francesco Datini". Inoltre, in suo onore è intitolato un istituto internazionale di storia economica, provvisto di una biblioteca fornita di testi specialistici.[6]

La sua statua, mostrata in foto, opera di Antonio Garella ed eretta nel 1896 in piazza del Comune a Prato, secondo il comune sentire dei pratesi mostrerebbe nella mano sinistra le cambiali; un'altra interpretazione più benevola vuole che mostri piuttosto il suo benefico testamento di 70.000 fiorini a favore del Ceppo vecchio, pia istituzione dell'epoca a favore dei poveri.

A Datini viene attribuita la celebre frase:

...nel nome d'Iddio e del guadagno...



Francesco di Marco Datini, mercante pratese vissuto a cavallo fra i secoli XIV e XV, rappresenta oggi il prototipo del mercante toscano medievale. Nella sua vita creò un importante sistema di aziende con ramificazioni in tutta l’Europa e il Mar Mediterraneo, che governava dalla sede della compagnia fiorentina e dal bel palazzo pratese, costruito in un trentennio quasi ininterrotto di interventi edili.

Francesco morì, senza eredi, nella casa di Prato il 16 agosto 1410, lasciando tutte le sue sostanze alla “Casa e Cieppo de’ poveri” di Francesco di Marco “sì che in perpetuo de’ frutti d’esse si paschino e si nutrichino i poveri di Gesù Cristo”.
L'stituzione da lui fondata è tuttora viva: la Fondazione Casa Pia dei Ceppi-Palazzo Datini ONLUS affianca all’opera di assistenza la manutenzione e valorizzazione del suo antico palazzo.
 


Mostra che cita in due occasioni Francesco di Marco Datini, il commerciante cittadino passato alla storia anche per la sua notevole corrispondenza, conservatasi casualmente ed ora custodita all’Archivio di stato. All’ingresso, sopra la biglietteria, vi è l’affresco del 1415 dovuto a Pietro di Miniato: è “Veduta della città e del palazzo con Francesco Datini”. Nel percorso si aggiunge la tavola di Filippo Lippi, databile tra il 1452 ed il 1453, “Madonna del Ceppo tra i santi Stefano e Giovanni Battista con Francesco Datini che presenta i suoi buonomini”. In esso il mercante propone alla Vergine gli amministratori dell’istituzione assistenziale da lui fondata nel 1410.

Anche altri ritratti noti, come quello firmato nel 1588 da Ludovico Buti ed utilizzato per la cartolina postale emessa il 20 ottobre 2010, lo raffigurano vestito di rosso. “Nel codice dei colori -scrive Maria Pia Mannini in «L’immagine ritrovata. La Trinità dei coniugi Datini»- il rosso porpora (assieme al colore nero) è considerato il colore base delle stoffe di lana e simboleggia la nobiltà di cuore e l’alto ruolo sociale di chi lo indossa”. Se si scorre la ricca iconografia ufficiale del personaggio attraverso i secoli, “non viene quasi mai alterata o modificata dagli artisti coinvolti. Il mercante di Prato soprattutto a partire dai primi decenni del Quattrocento viene sistematicamente rappresentato con lo stesso abito lungo di panno («lucco»)”, contraddistinto dalla tinta simbolica. In questo modo, la figura “rimane fissata nella memoria visiva degli artisti” di ogni epoca.


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