GIOCHI DI PAROLE DA RODARI A TUSITALA
Laboratorio
di
Letteratura
per l’infanzia
a.a. 2005/2006
prof. Flavia Bacchetti
tutor Carmelina Rotundo
Partecipanti
al laboratorio
Bartalesi Giulia
Bastreghi Marta
Beneforti Arianna
Ciocca Simona
De Raffele Maria Rafaela
Di Mari Graziana
Ermini Martina
Gentile Barbara
Ilarioni Elisabetta
Liverini Alessandra
Mantovani Claudia
Mordini Giulia
Mugnaini Elena
Octaviano Chua Donna Belle
Pagani Noemi
Parti Simona
Pisani Giulia
Rizzello Francesca
Tenpestini Vilma
Tesi Nadia
Tonini Elisa
Messina Elisabetta
“Giochi
di Parole da Rodari a Tusitala” è il titolo del Laboratorio di Letteratura per l’Infanzia
per l’anno accademico 2005-2006.
A
questo titolo mi sono ispirata per la creazione della copertina di questa
relazione.
A
conclusione del laboratorio, per riassumere i temi trattati negli incontri che
si sono svolti, ciascun partecipante ha concepito una parte del lavoro: a
questa copertina da me ideata il compito di introdurre gli elaborati.
Lo
spunto è venuto da una pagina pubblicitaria vista su un quotidiano nella quale
compariva la sagoma della regione Toscana composta da moltissimi nomi di
persone; ecco quindi l’idea: giocare con le parole (o meglio, con i nomi), adoperarle
in modo diverso dal consueto per raffigurare qualche cosa che richiamasse
l’Università di Firenze e, naturalmente, includere i nomi di tutti i
partecipanti al Laboratorio, docenti compresi.
Dall’idea
alla realizzazione il passo è stato abbastanza breve anche se non così
semplice: ho scaricato da internet il logo dell’Università e, lavorando un po’
con il computer e un po’ di fantasia, ho ottenuto il risultato sperato.
Ho
giocato con le parole e ho ottenuto altre parole, ma non solo: uno sguardo attento
potrà scorgere, in fondo alla pagina, il profilo del Campanile di Giotto con a
fianco la cupola del Brunelleschi.
Magia
delle parole!
Roberto Denti:
Fernanda De Bernardi Nangeroni, compagna di scuola:
Biografia:
Gianni Rodari
nasce il 23 ottobre 1920 a Omegna dove trascorre la sua infanzia. In seguito
alla morte del padre si trasferisce a Gavirate, paese natale della madre.
Nel 1935 entra a
far parte dell’Azione Cattolica e a 17 anni consegue il diploma magistrale,
iscrivendosi poi all’Università cattolica di Milano, alla facoltà di lingue,
che abbandonò dopo pochi esami.
Nel frattempo
inizia a insegnare in vari paesi del varesotto e nel 1941 vince il concorso per
maestro.
Quando l’Italia
entra in guerra non viene richiamato alle armi, ma viene internato in un campo
di concentramento in Germania nel 43.
Dopo la caduta
del fascismo Rodari si iscrive al Partito Comunista e partecipa alle lotte
della resistenza.
Lavora come
giornalista per il giornale “Ordine Nuovo” e poi “l’Unità”.
Inizia a scrivere racconti per bambini e dirige il settimanale per bambini “Il Pioniere”; nei primi anni cinquanta pubblica Il libro delle filastrocche e il Romanzo di Cipollino.
Inizia a scrivere racconti per bambini e dirige il settimanale per bambini “Il Pioniere”; nei primi anni cinquanta pubblica Il libro delle filastrocche e il Romanzo di Cipollino.
Nel 1960
incomincia a lavorare per Einaudi e la sua fama si diffonde in tutta Italia; il
primo libro che esce con la nuova casa editrice è Filastrocche in cielo ed in terra.
Nel 1970 vince
il premio Andersen, il più importante concorso internazionale per la
letteratura dell’infanzia, che accresce la sua notorietà in tutto il mondo. Nel
frattempo continua a pubblicare per Einaudi ed Editori Riuniti.
A causa di
problemi circolatori muore il 14 aprile 1980.
Il grande merito
di Gianni Rodari favolista è la rivoluzione della favola negli anni ‘70.
I bambini sono
immersi nella realtà ed osservano tutto ciò che avviene intorno a loro
giocando, ed hanno anche bisogno di imparare e conoscere sempre giocando.
La favola di
Rodari serve a questo ed è lo scrittore stesso che dice:
“Le
favole dove stanno?
Ce
n’è una in ogni cosa:
nel
legno del tavolino,
nel
bicchiere, nella rosa.
La
favola sta lì dentro
da
tanto tempo e non parla.
È
una bella addormentata
E
bisogna svegliarla”.
Il risveglio
della favola avviene grazie alla sollecitazione della fantasia, tutto sta
nell’osservare la quotidianità dei contenuti con ironia, ricorrendo al gioco e
infrangendo le regole attraverso l’immaginazione e l’invenzione. Le favole
possono affrontare la situazione più grigia, i problemi sociali, le ovvietà
della vita… La nuova favola insegna ad affrontare tutto ciò utilizzando il
riso, l’ironia e l’autoironia, ed è attraverso ciò che si può entrare nella
realtà. In questo modo la fantasia diventa un mezzo per l’approccio alla
realtà, alle figure, alle parole, ai problemi del mondo di oggi. Rodari
utilizza appieno il linguaggio ricorrendo ad un vocabolario ricchissimo fatto
di parole di ogni giorno e di termini ricercati, di stili e registri diversi,
contribuendo in questo modo alla formazione linguistica del bambino. Nelle sue
favole il gioco ha un ruolo fondamentale ed inizia con le parole, con il
linguaggio ed il capovolgimento delle frasi fatte; le regole vengono cambiate
per creare qualcosa che non annoi ma che anzi spinga a riflettere e a giocare.
Il bambino viene educato a vivere, la nuova favola gli insegna a districarsi
nelle migliaia di situazioni della vita, ad apprezzare i lati positivi e a
disprezzarne quelli negativi, a distinguere tra il bene ed il male, sempre
sorridendo però, giocando e dando sfogo alla sua fervida immaginazione. I
bambini infatti non si accingono alla lettura per puro istinto, lo fanno
soltanto se spinti dalla curiosità innestata da un agente esterno che ha un
collegamento con la loro realtà. È molto importante il ruolo della famiglia e
della scuola in tale contesto. Negli anni ‘50 Rodari scrive su “L’Unità” e fin
dall’inizio di questa sua attività si rende conto che il dialogo deve essere
instaurato prima di tutto con i genitori perché sono loro che devono promuovere
l’interesse dei figli. Ed è proprio in questi anni che lo scrittore tratta la
filastrocca come un “giocattolo poetico”. Ricollegandosi ai Surrealisti
francesi ed alle ricerche dei linguisti teorizza l’importanza della poesia
vissuta come gioco e ribadisce che le storie non devono insegnare nulla perché,
se hanno una morale, questa viene fuori da sola senza bisogno di spiegazioni.
Nella sua opera “Grammatica della Fantasia” del 1973 Rodari spiega l’importanza
della parola, il valore che il linguaggio assume dal punto di vista pedagogico
:
« Spero possa essere utile a chi crede nelle
necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha
fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa
avere la parola.”Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un bel motto,
dal bel suono democratico. Non perché tutti siamo artisti, ma perché nessuno
sia schiavo.»
In questo libro
l’autore svolge una ricerca sulle “costanti” dei meccanismi fantastici e
sottolinea l’importanza dell’immaginazione nell’educazione, nella vita di
ciascuno.
« Il processo creativo è insito nella natura
umana ed è quindi, con tutto quel che ne consegue di felicità di esprimersi e
di giocare con la fantasia, alla portata di tutti.»
Una buona
tecnica teorizzata da Rodari è quella dell’IPOTESI FANTASTICA: è una tecnica
semplicissima, si parte dal quesito “che cosa succederebbe se…”. Per formulare
tale domanda si scelgono un soggetto ed un predicato a caso, la loro unione
fornirà l’ipotesi su cui lavorare. Si può immaginare tutto ciò che si vuole
così come nei due esempi dello scrittore qui riportati:
« Che cosa
succederebbe se un coccodrillo si presentasse a Rischiatutto? »
« Che cosa
succederebbe se il vostro ascensore precipitasse al centro della terra o
schizzasse sulla luna? ».
dalla formulazione
dell’ipotesi fantastica si passa alla costruzione della favola ed alla
presentazione dei personaggi.
Spesso sono solo
due parole, il BINOMIO FANTASTICO, come lo definisce Rodari, a mettere in moto
la fantasia, occorre che l’una sia sufficientemente estranea all’altra, ed il
loro accostamento discretamente insolito.
Un altro modo di
rendere produttiva, in senso immaginario, la parola, è quello di deformarla
attraverso l’uso di un PREFISSO FANTASTICO. Un esempio di ciò è il “Paese con
l’esse davanti”, inventato dall’autore, dove c’è uno “scannone” che serve per
“disfare” la guerra anziché per farla.
A volte da un
lapsus può nascere una storia, l’errore ortografico può dar luogo a ogni sorta
di favole comiche ed istruttive, non prive di risvolto ideologico, come
dimostra Gianni Rodari nel “Libro degli Errori”. Questo tipo di errore viene
definito dal poeta ERRORE CREATIVO e sottolinea che l’esempio più eccezionale è
quello che si trova nella “Cenerentola” di Perrault: la scarpina che in origine
doveva essere di “vaire”, una sorta di pelliccia, solo per fortunata disgrazia
è diventata di “vere”, di vetro. Una scarpa di vetro è sicuramente più
fantastica e più ricca di seduzioni.
L’invenzione di
NONSENSE è un’altra idea rivoluzionaria, secondo Rodari infatti bisognerebbe
stare attenti con i bambini a non limitare la possibilità dell’assurdo. Il
LIMERICK è un genere organizzato e codificato di nonsenso. I “limericks”
ricalcano da sempre la stessa struttura, con pochissime varianti, e rispettando
la combinazione delle rime: il primo, il secondo ed il quinto verso rimano tra
loro, ed il terzo rima col quarto. I bambini riescono in breve tempo ad
impadronirsi di tale tecnica:
1˚osservazione: scelta
protagonista
2˚osservazione:
indicazione di una qualità, espressa con una azione
3˚osservazione:
realizzazione del predicato
4˚osservaione: scelta
dell’epiteto finale
Esempio:
“Una
volta un dottore di Ferrara
voleva
levare le tonsille a una zanzara
l’insetto
si rivoltò
e il
naso puncicò
a
quel tonsillifico dottore di Ferrara”.
Un altro spunto
per dar vita a nuove storie può essere quello del rovesciamento del tema
fiabesco (es. Biancaneve incontra sette giganti). Le FIABE A ROVESCIO possono
avere il capovolgimento di un solo elemento oppure di tutti gli elementi del racconto.
Nella nuova
favola di Rodari possono essere inoltre presenti argomenti tabù. Le STORIE
“TABÙ” sono favole che trattano argomenti che interessano intimamente il
bambino, ma che l’educazione tradizionale cataloga come “cose di cui non sta
bene parlare”: le sue funzioni corporali, le sue curiosità sessuali. L’autore
trova utile raccontarle ai bambini per non far nascere tensioni e
preoccupazioni riguardo a tali temi. Ne è un esempio la sua “Storia di Re
Mida”, il quale inizialmente trasformava tutto ciò che toccava in oro e che poi
si trovò a trasformare ogni cosa toccata in “cacca”. È proprio grazie al suo
modo bizzarro e particolare di scrivere che Rodari può essere apprezzato
tutt’oggi sia dai piccoli che dagli adulti.
Tra i tanti
convegni e iniziative a favore della conoscenza della figura di Rodari e delle
sue opere, vogliamo accennare ad uno in particolare, tenutosi tra il 23 e il 25
marzo 2000 presso la Badia di Settimo.
Questa iniziativa è stata resa possibile
grazie al ministro della pubblica istruzione, al sindaco di Scandicci, al
provveditore agli studi e a tutti coloro che sono intervenuti, genitori,
bambini e insegnanti compresi.
Ha dato colore
la presenza di Paola Rodari, figlia dello scrittore e autrice dei disegni di
alcuni personaggi della letteratura del padre, i quali hanno accompagnato lo
svolgersi del convegno essendo stati stampati su posters, programmi, locandine…
Testimone dell’ evento è stata la
nostra tutor Carmelina Rotundo, che ha partecipato direttamente spinta
dall’entusiasmo e l’interesse delle proprie figlie nei confronti di questo
scrittore e della quale riportiamo alcuni commenti su quei giorni tratti dal
“Diario di Carmelina 1989-2001”.
Diario illustrato da artisti
contemporanei, che hanno realizzato due dipinti ciascuno scegliendo liberamente
dalle circa 250 pagine.
Sono state utilizzate tecniche
diverse unite dalla stessa dimensione (70x120).
I lavori hanno seguito un percorso
di mostre per tre edizioni nella:
Sala espositiva della casa del
popolo di Casellina (28 settembre/ 14 ottobre 2002),
“Sala teatro”, nella chiesa del
Buon Pastore di Scandicci,
Biblioteca Villa Bandini, via del
Paradiso (8 marzo 2003).
E’ il diario di
una donna, di una madre, di una moglie, di un’insegnante… è la storia di tutti…
RACCONTA DI UNA VITA!
QUEL SIGNORE DI SCANDICCI ...
“Tanta gente non lo
sa,
e dunque non se ne
cruccia
la vita la butta via
e mangia soltanto la
buccia”
(da “I bravi
Signori” di Gianni Rodari).
“Mi piace proprio”
“Mi piace troppo”
“Mi sono divertita
un sacco”
“Vogliamo
rileggerle”
Per quelle parole,
ma soprattutto per la luce che brilla nei loro occhi facendone risplendere
tutta l’espressione del volto di gioia mi sono lasciata coinvolgere (troppo
poche volte purtroppo) nel gioco che più di tutti piace a Sara e Nadia: stare
buona, buona, attenta, attenta ad ascoltarle, a sentirle leggere e divertirsi
con quelle “invenzioni brillanti” di Rodari.
Una motivazione in
più arriva dalla scelta del luogo dove si sarebbe tenuta l’iniziativa la Badia
di Settimo che ha, da quando sono venuta ad abitarvi vicino, esercitato un
grande fascino per la mia mente, come per la mia immaginazione ... e quella
Badia, uno dei luoghi del territorio in cui vivo che ho trovato spontaneo
collegare con l’altro, la scuola Aldo Pettini dell‘Olmo Pieve dove insegno
inglese e coinvolgendo le tre maestre delle classi IIIA e III B (Lucia Papi,
Patrizia Mignolli e Daniela Pierini)siamo andate a vedere con tutti i bambini
la Mostra, non mi piaceva l’idea di andarci da sola. Volevo ascoltarli, parlare
dei loro lavori e di quelli degli altri compagni.
Così per la seconda volta, la prima
c’ero stata Giovedì con Sara e Nadia, sono tornata nel chiostro grande,
rallegrato da quelle coloratissime sculture realizzate dagli studenti dei Liceo
Artistico Leon Battista Alberti.
Figure a tutto tondo
ispirate ai disegni della figlia di Gianni Rodari, Paola, disegni colorati,
riprodotti su posters, locandine, programmi, cartelle per queste tre giornate.
(Una curiosità,
nella cartella del Convegno c‘era anche una matitona rossa e blu che mi ha
ricordato che il maestro un tempo segnava in rosso o blu gli errori a seconda
della loro gravità, forse un invito?)
Mi aveva colpito
come il colore celeste chiaro fosse decisamente preminente nella statua del
Signore all’entrata ed anche nell’altro sopra il pozzo nel Chiostro grande. Che
belli gli azzurri.
Due visite diverse per la luce e
l’atmosfera, per incontri e dialoghi tra colleghi genitori, nonni e bimbi, ma
ambedue sicuramente allegre e accompagnate da quell’incontenibile desiderio di
correre tra le siepi, intorno al pozzo tutti insieme dei bimbi. “Solletico”
(programma televisivo) che spasso! .. .l‘approdo all’isola delle poesie, dove
alle parole frutto è concesso, com’era conteso e desiderato!
Colori, forme, sotto
il cielo di Badia tra la sua storia e le sue piante, il suo presente tra la sua
gente, pensando al futuro serenamente: Che favola!
La full immension
nei libri di Rodari, nel giornalino “Il Pioniere” nelle tante e tante
traduzioni nella musica della cassetta con la voce di Sergio Endrigo che canta
le filastrocche di Gianni, nei videogiochi che tanto appassionano Sara e Nadia
ed ancora al Granaio in un crescendo di animosità del Seminario di produzione
creativa condotto con tanta simpatia e competenza da Raffaele Iosa con la sua
voce bene impostata e piacevolissima, la presentazione della creatività nella
scuola elementare di Ponticelli (Napoli) da parte del simpaticissimo direttore
Raffaele Piccardi, l’ascolto della voce di Gianni Rodari che legge le sue
opere, l’incontro con un gruppo di ardimentosi maestri di Potenza e di Salerno
con Anna Maria Monaco che parla con gioia della sua scuola di Buccino (SA).
“Solletico” ha proposto un video di due scuole
del Nord per la creatività di fare storia e geografia.
Il Convegno
nella “Tinaia” l’ho vissuto dalla testa alla coda senza mai registrare un calo
di temperatura nel termometro dell’entusiasmo che, nella fantasia, avevo
collocato proprio tra l’arcobaleno e i posters celesti da cui spiccava il volto
di Gianni sorridente.
Tutti: relatori,
organizzatori, testimoni hanno saputo animare con passione, con creatività, con
fantasia, con calore e con colore i vari interventi e trasmettere ottimismo
verso la vita stessa, la scuola e le cose: ottimismo che può portare tanto di
buono per creare e ricreare una scuola, una società dove sia sempre più
piacevole stare insieme ai bambini, insegnanti, persone di custodia (personale
ATA), genitori, dirigenti, amministratori, provveditori, ispettori, ministri,
VIP…
Come non
concludere con un augurio dal profondo del cuore che la speranza di cose belle
e serene, buone e utili illumini tutti noi cittadini del mondo…” “ …La
Mostra-Convegno ha contribuito a coinvolgere genitori, nonni, amici in un
dialogo per consentirci di parlare con fiducia di una scuola sempre più
moderna, capace di valorizzare, presentare le proprie potenzialità, guardando
all’universo intero, favorendo la partecipazione più ampia possibile in un
clima di serenità…”.
Per l’occasione
alcuni partecipanti al Convegno sono diventati tanti “scrittori Rodari” componendo filastrocche
sull’esempio di questa grande figura e di seguito possiamo leggerne alcune,
invitando il lettore a comporre a sua volta una filastrocca con il consiglio di
chiudere gli occhi, e se al primo sguardo il consiglio può sembrare un po’
stranito noi assicuriamo che il risultato sarà gradito!!!!!!!!!
Come Gianni Rodari, tutti possono
scrivere filastrocche, possono stravolgere le parole, le situazioni, la realtà.
Si può viaggiare in luoghi
fantastici, conoscere persone bizzarre e scoprire che in fondo oltre a quello
che vediamo e viviamo tutti i giorni c’è molto di più…ci sono altri mondi dove
tutto è speciale e comune allo stesso modo.
Il Ministro dell’Istruzione
Ha preparato il Convegnone
Per Maestri e Direttori
Per Bambini e Genitori.
Il Raspollini e la Sbordoni
L’han servito con amore ed eleganza
Da ogni parte
Sono giunti alla Badia
Insegnanti preparati fino ai denti
Per dar prova di sapienza e
intelligenza
Di creatività ed autonomia
I bambini son presenti
Abbelliti nei capelli
Di capricci e fantasia
Per gridare tutti insieme
Ritroviamo l’allegria
Dipingiamo di colori
Questa scuole del Duemila
Giro, giro, tondo, siam fratelli
Siam amici giro giro tondo
Che belo il Convegnone
W W Berlinguer
W W il Convegnone
W W Iosa
W W la Scuola del 2000
(
C. Rotundo)
QUEL SIGNORE DI SCANDICCI
Ovvero la polpa della vita
Una grande occasione per il mondo,
pedagogico e non solo, d’Italia queste tre giornate coinvolgenti, divertenti,
interessanti dedicate alla creatività sulle orme di Gianni Rodari.
Un segno dei tempi
particolarmente significativo questa articolata iniziativa, la prima del 2000
che dedicata a Rodari e, nata da un’idea dello stesso ministro della Pubblica
Istruzione, si è rivelata piacevole palestra in cui hanno esercitato la
capacità di stare insieme scuola e territorio, territorio e scuola, dal
Ministro Luigi Berlinguer al Provveditore agli studi Giovanni Pedrini,
all’Ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione, Raffaele Iosa ai direttori
didattici, fra cui Raffaele Picardi (scuola elementare Ponticelli di Napoli) ai
docenti di ogni ordine e grado provenienti da varie regioni d’Italia
(numericamente superiori quelle delle scuole dell’infanzia e delle elementari)
rappresentanti del Comune di Scandicci dal Sindaco Giovanni Doddoli
all’Assessore alla Pubblica Istruzione Claudio Raspollini ai rappresentanti di
Istituti ed Enti Culturali, di musei per la B.D.P. (Biblioteca di Documentazione
Pedagogica di Firenze) Giovanni Biondi per la compartecipazione di aziende
prèsenti sul territorio, quali la Gucci S.p.A e non poteva mancare la
televisione che ha stimolato la partecipazione di bambini a “Solletico” e
portato testimonianza dell’ideatore del programma Gianfranco, anche lui un ex
maestro che ha detto di aver cercato di uscire dalla visione epidermica della
realtà ed entrare nelle scuole per essere portavoce dei bisogni dei bambini,
proprio con “Solletico”.
La famiglia di
Rodari ha fatto sentire la sua partecipazione attraverso la testimonianza della
figlia Paola la quale ha dichiarato di avere per la prima volta (a distanza di
vent’anni dalla morte del padre) preso la decisione di partecipare ad una
iniziativa dedicata al padre. Ho creduto in chi l’ha organizzata, ho creduto in
quest’incontro tra la scuola italiana e mio padre, Paola ha anche creato e
disegnato i quattro personaggi che hanno accompagnato allegramente dal 23 al 25
Marzo 2000 i vari ed articolati momenti di questa splendida iniziativa, essendo
riprodotti su posters, programmi, locandine e cartelle. Due dei disegni di
Paola Rodari sono divenuti tridimensionali (il “Signore” all’entrata e l’altro
sul pozzo del chiostro grande della Badia a Settimo) grazie all’operosità degli
studenti del Liceo artistico Leon Battista Alberti di Firenze, Tanti altri
ragazzi sono stati coinvolti; quelli dell’Istituto Alberghiero, dell’Istituto
Tecnico Agrario, dell’Istituto di Istruzione Superiore B.Russell Newton.
La presentazione
attraverso la Mostra nel chiostro grande di prodotti, oggetti, esperienze delle
scuole comunali dell’infanzia, elementari e medie di Scandicci ha rivelato la
ricchezza creativa
della scuola che ha
saputo porre al suo centro il Bambino, ogni Bambino come quel fatto nuovo e
miracoloso con il quale il mondo ricomincia sempre daccapo.
La Mostra ha
contribuito a coinvolgere genitori, nonni, amici in un dialogo per consentirci
di parlare con fiducia di una scuola sempre più moderna, capace di valorizzare,
presentare le proprie potenzialità, guardando all’universo intero, favorendo la
partecipazione più ampia possibile in un clima di serenità:
Il Provveditore agli
Studi, Giovanni Pedrini in sede di Convegno non ha mancato di ringraziare e
congratularsi con il Ministro per l’idea e per aver pensato di realizzare
queste tre giornate in Toscana.”Vedo Rodari - ha aggiunto- attualissimo in una
scuola dell’autonomia “.
“Una favola” al
microfono, l’ha simpaticamente definita l’Ispettore Raffaele Iosa, coordinatore
competente e vivace di due momenti significativi: il Seminario di Produzione
di creatività ed il Convegno.
Una favola che
continua oggi nell’80°dalla nascita di Gianni Rodari “universalmente
riconosciuto come un classico della letteratura, un grande del 900”
La nostra grande
scommessa - ha sottolineato il Ministro- è quella per una scuola che abbia un
alto obiettivo di operare con serenità.
Per il futuro
Varie le iniziative
dedicate alla Creatività sulle orme di Gianni Rodari. A Cosenza il Centro
C.M.R. per la musica, nato con l’intento di promuovere la ricerca e la produzione
della letteratura musicale per ragazzi, ad Orvieto le pubblicazioni “C’era due
volte”.
Comincia proprio da
Scandicci: dal 23 Marzo una mostra, un convegno e altro il sito promosso dal
MPI e realizzato della BDP con la voglia di creare sulla rete uno spazio su
Gianni Rodari che serva a far conoscere l’uomo, le opere 41 suo lavoro nella
scuola e per la scuola. “la Torta in rete”.
Nell’ottica
rodariana la BDP ha tentato di disegnare uno spazio aperto, non una vetrina sul
passato, ma un laboratorio di idee per ragazzi ed insegnanti. Quello che si
troverà è quindi un punto di partenza, un contenitore da riempire col
contributo di tutti coloro che avranno idee, materiali, proposte.
Ad Omegna, sul lago
d’Orta, dall’autunno 2000 inizia tutta una serie di manifestazioni che
culminerà nel Gennaio 2001 con l’inaugurazione del Parco Rodari e del Centro di
documentazione e nell’Estate 2001 col Parco della Fantasia, un luogo magico da
visitare ed usare ispirato a Gianni Rodari.
Carmelina Rotundo
Appendice. Gianni
Rodari era un uomo prezioso, buono.
“Il dovere di chi è
rimasto è di farlo più conoscere” scriveva lo stesso Rodari per ricordare
l’amico BRUNO CIARI “in un paese più
attento ai cantanti ed ai calciatori che ai suoi veri maestri”
E sulle orme di
Rodari, lo stesso assessore alla pubblica istruzione ha composto la
Seguente FILASTROCCA
Cosa potrei dire di
questo evento?
Che senz’altro non è
un tormento!
Cosa potrei dire di
questo Convegno?
Che senz’altro non è
un legno!
Cosa potrei dire
degli insegnanti?
Che senz’altro non
son dei santi!
Cosa potrei dire
della Creatività?
Che senz’altro non
ha età!
Che cosa potrei
dire: di quest’Abbazia?
Che senz’altro non è
di mia zia
Che cosa potrei dire
di Rodari?
Che senz’altro è un
genio dei più rari
Che cosa potrei dire
dell’Amministrazione?
Che senz’altro non
costruirà una stazione!
11 mio discorso è
finito, vi saluto
con un sorriso, ma
la festa non è finita
Evviva la vita!
(Claudio Raspollini
Assessore alla
Pubblica Istruzione
Del Comune di
Scandicci)
W W
Il Rodarino!
Che belle le
storie di Rodari
con tanti
scherzi e tante gioie
tanti giochi
e tante pulci
per far
rider noi bambini !
Che belle le storie di Rodari
Con tante stelle e tante lune
Tanti soli e tanti pesci
Per far volare noi bambini!
Che belle le storie di Rodari
Con tanti azzurri e celestini
Tanti gialli e tanti rossi
Per far sognare noi bambini
Che siam tutti birichini !
Sogni d’oro, sogni belli
Sogni d’oro ai cotti e crudi
Sogni d’oro ai signori e alle
Signore di Scandicci
SARA E NADIA GABL.
DI RODARI NON SI PUO’ FAR SENZA…
DEDICATO AL MAESTRO GIANNI RODARI:
Scolari e scolarette
avean dimenticato colori e forme:
Quanta noia c’era in classe!!
Quasi, quasi su quei banchi
ci dormivan.
Con l’arrivo del Rodari
stan all’erta tutti attenti
per acchiappare
con ingegno e con impegno
le parole…..
e fare a iosa temi e filastrocche
e persino dei pasticci prelibati di dolcezze e
fantasia
da far piacere agli insegnanti, ai direttori
ai genitori e persino ai nonni
G r a n d e
R o d a r i !
“Il maestro si trasforma in un «animatore».
In un promotore di creatività, non
è più colui che trasmette un sapere bell'e confezionato, un boccone al giorno;
un domatore di puledri; un ammaestratore di foche. È un adulto che sta con i
ragazzi per esprimere il meglio di se stesso, per sviluppare anche in se stesso
gli abiti della creazione, dell'immaginazione, dell'impegno costruttivo in una
serie di attività che vanno ormai considerate alla pari: quelle di produzione
pittorica, plastica, drammatica, musicale, affettiva, morale (valori, norme di
convivenza), conoscitiva (scientifica, linguistica, sociologica)
tecnico-costruttiva, ludica, «nessuna delle quali sia intesa come trattenimento
o svago al confronto di altre ritenute più dignitose».
Nessuna gerarchia di materie.
E, al fondo, una materia unica: la
realtà, affrontata da tutti i punti di vista, a cominciare dalla realtà
prima, la comunità scolastica, lo stare insieme, il modo di stare e di lavorare
insieme. In una scuola del genere il ragazzo non sta più come un «consumatore»
di cultura e di valori, ma come un creatore e produttore, di valori e di
cultura.”
Così Giannui Rodari definisce il
lavoro di un insegnante che deve essere produzione e creatività allo stesso
modo, caratterizzato da cultura e valori.
Grande pedagogo e insegnante del
Novecento è stato una figura di notevole importanza sia per gli insegnanti che
hanno potuto lavorare con lui che per i bambini.
Per questo motivo abbiamo ritenuto
utile inserire resoconti e ricordi di alcuni incontri tra Rodari ed alcuni
insegnanti.
Maria Luisa Bigiaretti, insegnante
di Roma che ha personalmente conosciuto Rodari e che con la sua classe ha
collaborato al libro “La torta in cielo”, racconta:
“…un giorno lui è venuto nella mia
classe…Lui era venuto perché stava cercando una scuola elementare da far
frequentare alla figlia Paola.
Abbiamo subito cominciato a parlare
e io l’ho presentato ai bambini, anche loro stupiti di vedere un vero
scrittore. Loro conoscevano le Filastrocche di Rodari…I bambini presero subito
confidenza ed iniziarono a fargli vedere i loro lavori; Rodari si interessava
di tutto, sfogliava i loro quaderni, leggeva, faceva domande e se gli
chiedevano qualcosa lui non rispondeva direttamente, ma metteva in condizione i
bambini di rispondere, questa era un’arte.”
Entusiasmati i bambini si
divertivano moltissimo, ogni sua risposta era o una barzelletta o una
filastrocca inventata sul momento.
Si trattava di un vero e proprio
GIOCO LINGUISTICO.
Con questa classe decise di
inventare una storia insieme ai bambini, un racconto fantastico che doveva
parlare di uno scienziato che voleva fabbricare una bomba per distruggere la
terra, ma sbagliando la formula riusciva solo a fare una torta.
“Lui non leggeva, ma recitava…era
un attore bravissimo: cambiava la voce ai personaggi, faceva i rumori
d’atmosfera e poi le pause…lasciava i bambini letteralmente in tensione.”
Rodari era un maestro che riusciva
a provocare le capacità creative dei bambini.
Per lui era importante farli
ridere, non raccontandogli barzellette ma organizzando l’intero processo di
apprendimento.
La creatività investe tutti gli
aspetti della conoscenza, delle scoperte.
“La creatività si può imparare,
si può insegnare”. E’ il messaggio che deve essere trasmesso agli
insegnanti, che vale per tutte le materie.
Rodari era veramente un educatore,
provocava le capacità inventive, l’originalità, le invenzioni dei vocaboli dei
bambini.
Secondo lui il bambino doveva
essere educato a pensare.
Naturalmente Rodari è di notevole
importanza anche per noi “futuri” insegnanti, perché grazie alle sue storie e
filastrocche ci ha trasmesso tanti metodi e strategie per facilitare
l’apprendimento del bambino di alcuni elementi della lingua.
Riportiamo di seguito alcuni
esempi:
IL PUNTO INTERROGATIVO:
C'era
una volta un punto
interrogativo, un grande curiosone
con un solo ricciolone,
che faceva domande
a tutte le persone,
e se la risposta
non era quella giusta
sventolava il suo ricciolo
come una frusta.
Agli esami fu messo
in fondo a un problema
così complicato
che nessuno trovò il risultato.
Il poveretto, che
di cuore non era cattivo,
diventò per il rimorso
un punto
interrogativo, un grande curiosone
con un solo ricciolone,
che faceva domande
a tutte le persone,
e se la risposta
non era quella giusta
sventolava il suo ricciolo
come una frusta.
Agli esami fu messo
in fondo a un problema
così complicato
che nessuno trovò il risultato.
Il poveretto, che
di cuore non era cattivo,
diventò per il rimorso
un punto
esclamativo.
PER COLPA DI UN ACCENTO:
Per colpa di un accento
un tale di Santhià
credeva d'essere alla meta
ed era appena a metà.
un tale di Santhià
credeva d'essere alla meta
ed era appena a metà.
Per analogo errore
un contadino a Rho
tentava invano di cogliere
le pere da un però.
un contadino a Rho
tentava invano di cogliere
le pere da un però.
Non parliamo del dolore
di un signore di Corfù
quando, senza più accento,
il suo cucu non cantò più.
di un signore di Corfù
quando, senza più accento,
il suo cucu non cantò più.
Presentando queste filastrocche
potremo ad esempio introdurre l’uso del punto interrogativo e dell’accento.
Senza alcun dubbio per i bambini
sarà molto più divertente della lezione frontale, cercando di essere “promotori di creatività”.
Naturalmente è doveroso ricordare
la figura di Rodari anche come artefice della svolta della letteratura degli
anni ottanta.
Egli scaturì la nuova letteratura
giovanile italiana, che dialoga direttamente con il piccolo lettore, con i suoi
affetti e con le sue emozioni.
Da Rodari in poi la tipologia della
scrittura si rinnova completamente:
Gioco e divertimento per il lettore
protagonista curioso di fronte alle molteplici letture, per generi e per
autori.
E’ in questi anni infatti che si
moltiplicano le collane di letteratura per l’infanzia, come ad esempio
“Gl’istrici” di Salani o la collana di Mondatori “Junior”.
RICORDANDO RODARI…
TESTIMONIANZE:
LA MOGLIE RACCONTA RODARI…
Maria Teresa Ferretti:
Maria Teresa Ferretti, conosce Gianni Rodari a Modena
nel 1948 nell'ufficio dove lavorava come segretaria della «Permanenza dei
deputati». Si sposa con lui nel 1953 e dopo quattro anni nascerà la figlia
Paola. Ancora oggi segue molto da vicino tutte le manifestazioni organizzate in
onore del marito.
Come ha conosciuto Gianni Rodari?
Ho conosciuto Gianni Rodari nel 1948. Io ero segretaria dei parlamentari eletti col gruppo del Fronte popolare democratico a Modena e lui era inviato speciale dell’Unità. Quindi per ragioni di informazioni veniva in ufficio e piano piano abbiamo fatto amicizia. Nel 1949 a Modena ci fu un grande raduno che si chiamava "Terra e non più guerra" dove chi lavorava la terra chiedeva migliori condizioni di lavoro e modifiche dei contratti. I quell’occasione ebbi l’occasione di conoscerlo meglio poiché noi ragazze facevamo il servizio d’ordine mentre lui lavorava per l’Unità. Nel 1950 venne chiamato a Roma per dirigere la rivista per bambini " Il Pionere" e quando per motivi di lavoro andai nella capitale lo rincontrai e dalla amicizia nacque qualcosa di più. E nel 1953 ci sposammo.
Ho conosciuto Gianni Rodari nel 1948. Io ero segretaria dei parlamentari eletti col gruppo del Fronte popolare democratico a Modena e lui era inviato speciale dell’Unità. Quindi per ragioni di informazioni veniva in ufficio e piano piano abbiamo fatto amicizia. Nel 1949 a Modena ci fu un grande raduno che si chiamava "Terra e non più guerra" dove chi lavorava la terra chiedeva migliori condizioni di lavoro e modifiche dei contratti. I quell’occasione ebbi l’occasione di conoscerlo meglio poiché noi ragazze facevamo il servizio d’ordine mentre lui lavorava per l’Unità. Nel 1950 venne chiamato a Roma per dirigere la rivista per bambini " Il Pionere" e quando per motivi di lavoro andai nella capitale lo rincontrai e dalla amicizia nacque qualcosa di più. E nel 1953 ci sposammo.
Che uomo era Gianni Rodari?
Era una persona spiritosa e molto intelligente. Metteva subito le persone a proprio agio anche se al primo impatto era piuttosto riservato.
Era una persona spiritosa e molto intelligente. Metteva subito le persone a proprio agio anche se al primo impatto era piuttosto riservato.
Come era Gianni Rodari con i bambini?
Gianni non andava alla ricerca dei bambini, ma se capitava in mezzo ai più piccoli stava ben volentieri ed organizzava subito giochi e storie per loro. In realtà ebbe occasione di vistare le scuole solo da un certo punto in avanti della sua vita, poiché il mestiere di giornalista non gli permetteva di avere molti contatti con i bambini.
Gianni non andava alla ricerca dei bambini, ma se capitava in mezzo ai più piccoli stava ben volentieri ed organizzava subito giochi e storie per loro. In realtà ebbe occasione di vistare le scuole solo da un certo punto in avanti della sua vita, poiché il mestiere di giornalista non gli permetteva di avere molti contatti con i bambini.
Quanto è importante Gianni Rodari oggi?
Io le consiglierei di chiederlo agli esperti. In realtà se ancora oggi si parla e si compra Rodari vuol dire che è importante.
Io le consiglierei di chiederlo agli esperti. In realtà se ancora oggi si parla e si compra Rodari vuol dire che è importante.
Come era Gianni Rodari quando organizzava il suo lavoro di
scrittore?
Essendo giornalista non aveva orari e spesso appuntava su fogli o block- notes le idee che gli venivano in mente durante il giorno. Una volta tornato a casa riorganizzava le idee e scriveva con la sua sigaretta in bocca. Quando aveva dei progetti a volte ne parlava con me e i suoi amici.
Essendo giornalista non aveva orari e spesso appuntava su fogli o block- notes le idee che gli venivano in mente durante il giorno. Una volta tornato a casa riorganizzava le idee e scriveva con la sua sigaretta in bocca. Quando aveva dei progetti a volte ne parlava con me e i suoi amici.
Come era Gianni Rodari tra le mura domestiche?
Era una persona che amava l’ordine ed era piuttosto preciso, forse perché era stato abituato fin dall’infanzia a questo. Poche cose gli davano fastidio ed aveva molta capacità di isolarsi dovuta forse al fatto che il suo lavoro di giornalista lo costringeva a lavorare in ambienti molto rumorosi e l’unico modo era quello di estraniarsi per scrivere gli articoli. Era abbastanza sereno e tranquillo, non è che non volesse uscire ma gli piaceva stare anche in casa.
Era una persona che amava l’ordine ed era piuttosto preciso, forse perché era stato abituato fin dall’infanzia a questo. Poche cose gli davano fastidio ed aveva molta capacità di isolarsi dovuta forse al fatto che il suo lavoro di giornalista lo costringeva a lavorare in ambienti molto rumorosi e l’unico modo era quello di estraniarsi per scrivere gli articoli. Era abbastanza sereno e tranquillo, non è che non volesse uscire ma gli piaceva stare anche in casa.
Roberto Denti:
Roberto Denti conosce Gianni Rodari a Milano nel 1948.
Il giovane giornalista arriva dalla piccola città di provincia nella grande
metropoli in quell’anno e comincia a collaborare a "L’Unità". La sede
del giornale è nello stesso edificio del "Giornale 24 ore" dove
lavora Denti. Si incontrano in ascensore, per le scale, in mensa ed a poco a
poco fanno amicizia.
Entrare nella "Libreria per Ragazzi" di
Roberto Denti provoca una strana sensazione. Non è come visitare un qualsiasi
negozio che vende libri, ma quasi nascosta in una traversa di via Torino,
bisogna cercarla tra le numerose vetrine del centro di Milano.
Una volta entrati viene quasi naturale gironzolare tra gli scaffali, prendere in mano e fogliare gli innumerevoli libri esposti. Curiosare e ed ammirare la quantità di favole, racconti e poesie scritte per il fantastico mondo dell’infanzia. L’atmosfera è familiare ed estranea al clima austero e freddo che solitamente si respira nelle grandi librerie, dove sembra quasi vietato toccare e guardare tra le pagine dei libri in mostra. Una grande passione che nasce quasi trenta anni fa.
Una volta entrati viene quasi naturale gironzolare tra gli scaffali, prendere in mano e fogliare gli innumerevoli libri esposti. Curiosare e ed ammirare la quantità di favole, racconti e poesie scritte per il fantastico mondo dell’infanzia. L’atmosfera è familiare ed estranea al clima austero e freddo che solitamente si respira nelle grandi librerie, dove sembra quasi vietato toccare e guardare tra le pagine dei libri in mostra. Una grande passione che nasce quasi trenta anni fa.
Come mai Roberto Denti ha aperto una libreria per ragazzi?
È sempre molto difficile spiegare cose di questo genere. Quando frequentavo il liceo classico tutti i miei compagni avevano idee chiare su cosa avrebbero fatto da grandi, per lo più gli stessi mestieri dei loro padri (medici, avvocati e così via). Io essendo figlio di insegnanti ero stato istruito, involontariamente naturalmente, a non fare l’insegnante, e sognavo di fare il libraio. Per realizzare questa idea non avevo mi avuto soldi abbastanza finché grazie ad una passione in comune incontrai mia moglie. Entrambi siamo amanti dei viaggi e ci conoscemmo nel 1971 in Mongolia. Facevamo parte di due gruppi turistici diversi e quando la vidi pensai subito che quella era la donna della mia vita. Nella serata del 20 agosto parlammo per tutto il tempo li libri e dei grandi scrittori spagnoli e sudamericani ed alla fine mi chiese che lavoro facessi: "mi occupo di pubblicità e di mercati ma mi piacerebbe aprire una libreria" le risposi. Per fortuna, o sfortuna sua lei disse "interessa molto anche a me". Da allora ci siamo messi la lavoro ed il 28 agosto 1972 inauguravamo la "Libreria per ragazzi".
È sempre molto difficile spiegare cose di questo genere. Quando frequentavo il liceo classico tutti i miei compagni avevano idee chiare su cosa avrebbero fatto da grandi, per lo più gli stessi mestieri dei loro padri (medici, avvocati e così via). Io essendo figlio di insegnanti ero stato istruito, involontariamente naturalmente, a non fare l’insegnante, e sognavo di fare il libraio. Per realizzare questa idea non avevo mi avuto soldi abbastanza finché grazie ad una passione in comune incontrai mia moglie. Entrambi siamo amanti dei viaggi e ci conoscemmo nel 1971 in Mongolia. Facevamo parte di due gruppi turistici diversi e quando la vidi pensai subito che quella era la donna della mia vita. Nella serata del 20 agosto parlammo per tutto il tempo li libri e dei grandi scrittori spagnoli e sudamericani ed alla fine mi chiese che lavoro facessi: "mi occupo di pubblicità e di mercati ma mi piacerebbe aprire una libreria" le risposi. Per fortuna, o sfortuna sua lei disse "interessa molto anche a me". Da allora ci siamo messi la lavoro ed il 28 agosto 1972 inauguravamo la "Libreria per ragazzi".
Perché proprio per ragazzi? Per due motivi principali: mi affascinava
molto il mondo dell’infanzia, conoscevo bene Rodari ed era quindi un genere
letterario interessante. In secondo luogo era impensabile proporre a Milano una
libreria per adulti poiché il mercato era già saturo, al contrario mancava
proprio una libreria per ragazzi. Quindi un motivo legato alla passione ed uno
alla praticità.
Che ricordo ha di Rodari?
Era un uomo piuttosto chiuso, non era facile diventare suo amico, parlava
poco. Veniva da Varese e nel trambusto di Milano (che non è per nulla
paragonabile ad oggi, ma era pur sempre una grande città) non si trovava molto
bene. Mi ricordo la sua fine ironia e la capacità di fare battute fulminanti.
Era un uomo molto colto con una fantasia incredibile. Non sapevo neanche che
fosse nato ad Omegna, ne sono venuto a conoscenza molto tempo dopo. Non amava
raccontare della sua vita e ricordare la sua infanzia anche perché non era
stata molto felice, chi ha vissuto la vera miseria spesso tende a dimenticare
quei momenti.
Gianni Rodari inizia a lavorare molto giovane come maestro nelle scuole
della provincia di Varese. Un mestiere scelto inizialmente più per motivi
contingenti che per passione. La sua famiglia non era ricca e la scuola di
magistrale venne frequentata per ottenere al più presto un diploma e cominciare
a guadagnare.
Secondo lei Rodari scriveva per bambini per passione o per
lavoro?
Io credo per tutti e due i motivi. Da una parte nutriva grande amore per i bambini, che rispettava innanzitutto come individui, e dall’altra questo mestiere gli dava la possibilità di vivere. Non dimentichiamoci che Rodari ha passato anche momenti di grande difficoltà economiche. Quando scriveva per "L’Unità", infatti, era pagato pochissimo, una volta arrivato alla grande casa editrice Einaudi, non vide mai un soldo ed era quindi costretto a collaborare con articoli anche molto modesti al "Corriere dei Piccoli" perché era l’unico lavoro che gli permetteva di guadagnare. Comunque il quotidiano comunista incominciò a scrivere per bambini quasi per caso. Il direttore di allora gli affidò la rubrica riservata ai giovani perché era stato maestro, ma quando Rodari era arrivato a Milano era arrivato come giornalista.
Io credo per tutti e due i motivi. Da una parte nutriva grande amore per i bambini, che rispettava innanzitutto come individui, e dall’altra questo mestiere gli dava la possibilità di vivere. Non dimentichiamoci che Rodari ha passato anche momenti di grande difficoltà economiche. Quando scriveva per "L’Unità", infatti, era pagato pochissimo, una volta arrivato alla grande casa editrice Einaudi, non vide mai un soldo ed era quindi costretto a collaborare con articoli anche molto modesti al "Corriere dei Piccoli" perché era l’unico lavoro che gli permetteva di guadagnare. Comunque il quotidiano comunista incominciò a scrivere per bambini quasi per caso. Il direttore di allora gli affidò la rubrica riservata ai giovani perché era stato maestro, ma quando Rodari era arrivato a Milano era arrivato come giornalista.
Perché Rodari entra nel cuore dei bambini ed anche quando
racconta storie tristi trasmette allegria?
Innanzi tutto perché usa un linguaggio adatto ai bambini, non parla mai per metafore ma è chiaro e diretto.
Innanzi tutto perché usa un linguaggio adatto ai bambini, non parla mai per metafore ma è chiaro e diretto.
Non ha mai scritto fiabe ma le conosceva molto bene. Sapeva che
nonostante i pericoli e le difficoltà, a volte molto paurose e tristi, che si
possono incontrare nella avventura l’importante è lasciare la possibilità e
trasmettere ai bambini la sensazione che tutto si possa risolvere.
Quanto è importante oggi Rodari per maestri, educatori e
tutte quelle persone che si occupano della crescita dei bambini?
Sarebbe più corretto dire: quanto dovrebbe contare. Purtroppo Rodari è orecchiato molto ma conosciuto poco.
Nel 1943 Rodari si iscrive al Partito Comunista ed incomincia la sua militanza nella politica.
Sarebbe più corretto dire: quanto dovrebbe contare. Purtroppo Rodari è orecchiato molto ma conosciuto poco.
Nel 1943 Rodari si iscrive al Partito Comunista ed incomincia la sua militanza nella politica.
Quanto ritroviamo della sua passione politica nei suoi libri?
Molto. Rodari faceva una distinzione importante e sosteneva che ai bambini bisogna raccontare una storia come per esempio "Gelsomino nel paese dei bugiardi", che devono vivere nella loro dimensione di bambini, se poi l’adulto è abbastanza intelligente e capisce che la storia va oltre, tanto meglio. Non a caso questo racconto fu scritto nello stesso anno in cui si svolgeva in Russia il XX congresso Comunista "…….nel paese dei bugiardi" è un titolo molto esplicativo.
Molto. Rodari faceva una distinzione importante e sosteneva che ai bambini bisogna raccontare una storia come per esempio "Gelsomino nel paese dei bugiardi", che devono vivere nella loro dimensione di bambini, se poi l’adulto è abbastanza intelligente e capisce che la storia va oltre, tanto meglio. Non a caso questo racconto fu scritto nello stesso anno in cui si svolgeva in Russia il XX congresso Comunista "…….nel paese dei bugiardi" è un titolo molto esplicativo.
Rodari è ricordato principalmente come scrittore per ragazzi
ma ha scritto anche libri per adulti.
Certo. Pensiamo per esempio all’ultimo libro pubblicato quando era ancora in vita "Il gioco dei quattro cantoni" in cui una maestra guardando fuori dalla finestra vede che i quattro alberi del giardino della scuola giocare ai quattro cantoni. Preoccupata telefona al preside per spiegare il fenomeno, il quale a sua volta telefona al prefetto, che telefona al generale e così via, senza che la questione venga risolta. La storia è chiaramente una metafora della burocrazia che riempie carte su carte ma alla fine non risolve nulla. È un racconto per adulti e non certo per bambini. A Rodari piaceva scrivere per adulti.
Certo. Pensiamo per esempio all’ultimo libro pubblicato quando era ancora in vita "Il gioco dei quattro cantoni" in cui una maestra guardando fuori dalla finestra vede che i quattro alberi del giardino della scuola giocare ai quattro cantoni. Preoccupata telefona al preside per spiegare il fenomeno, il quale a sua volta telefona al prefetto, che telefona al generale e così via, senza che la questione venga risolta. La storia è chiaramente una metafora della burocrazia che riempie carte su carte ma alla fine non risolve nulla. È un racconto per adulti e non certo per bambini. A Rodari piaceva scrivere per adulti.
Sarebbe curioso sapere cosa penserebbe Rodari delle
nuove tecnologie e di Internet?
Innanzitutto credo che avrebbe già scritto una filastrocca. Rodari era molto attento alle novità e già negli anni Quaranta componeva una filastrocca sulla tv. ancora prima del grande boom, ai quei tempi inimmaginabile della televisione lui aveva già colto il fenomeno e a suo modo lo aveva raccontato.
Innanzitutto credo che avrebbe già scritto una filastrocca. Rodari era molto attento alle novità e già negli anni Quaranta componeva una filastrocca sulla tv. ancora prima del grande boom, ai quei tempi inimmaginabile della televisione lui aveva già colto il fenomeno e a suo modo lo aveva raccontato.
Fernanda De Bernardi Nangeroni, compagna di scuola:
Gianni Rodari, nei ricordi di una compagna di scuola è l’adolescente
delle grandi curiosità intellettuali, avido di letture, aggiornatissimo sulle
ultime novità librarie. È il Gianni animatore, ricco di iniziative, corteggiato
dalle ragazze.
“Conobbi Gianni Rodari nel 1930 - scrive Fernanda nella sua lunga
testimonianza -frequentando la V Elementare a Gavirate in quell'edificio ora
abbattuto per far posto ad un parcheggio, ma fu un fugace incontro durato pochi
giorni, perché noi bambine restammo con la maestra Zanni ed i maschietti
passarono al maestro Ferrari. Lo incontrai di nuovo alle Magistrali a Varese
(anche questo edificio ai margini del giardino pubblico è stato abbattuto) e
questa volta si trattò di una consuetudine che durò almeno fino al 1937 perché
fummo compagni di classe, non solo, prendevamo gli stessi treni della Nord da
Gavirate a Casbeno.
Di quel periodo ho molti ricordi - continua la De Bernardi - Rodari si
distingueva per originalità e anticonformismo in quei tempi in cui vigevano
nella scuola e fuori autoritarismo e disciplina. Cito solo due episodi dì cui
egli fu l'animatore. Le pareti delle aule erano abbellite da riproduzioni di
opere d'arte. Ebbene: razziando nelle altre aule, egli sostituì tutte le
riproduzioni di brutti dipinti della nostra con altre di buoni autori. Questa
passò liscia, ma non passò liscia la seconda iniziativa. Egli aveva fondato un
giornaletto scolastico di cui mi dispiace di aver dimenticato il titolo (ndr
"La naja"). Le copie del primo numero ciclostilato furono distribuite
fra noi. Tra i vari articoli di vita scolastica c'era una rubrica assai
divertente in cui si faceva dell'umorismo sui nostri professori, designati,
come da sempre usa tra gli studenti, ciascuno con un nomignolo. Era una satira
garbata ed intelligente del tutto priva di volgarità. Ma il preside non la
pensava così. Ricordo ancora con spavento il giorno in cui, entrato come una furia
in classe, non solo urlò come un ossesso davanti a noi ammutoliti, ma, al colmo
dell'ira, sollevò e rovesciò un banco delle prima fila: davvero una reazione
poco edificante e sproporzionata rispetto alla causa, significativa, però,
della scarsa considerazione in cui erano tenuti allora i giovani. lì giornale
morì così, appena nato. Ma Gianni Rodari era un grande stimolatore. Già allora
egli scriveva poesie e racconti (non avremmo immaginato, però, che sarebbe
diventato uno scrittore di letteratura infantile)".
La testimonianza di Fernanda De Bernardi continua ricordando le simpatie,
gli amori di Gianni. "Non c'erano molte opportunità allora per i ragazzi,
men che meno per le ragazze, di coltivare amori. Gli incontri, al di fuori
delle aule scolastiche, si limitavano alle passeggiate nei Giardini Estensi di
Varese, ai furtivi colloqui nella Biblioteca Civica, a qualche gita in
bicicletta. Una volta andai con lui e con Carla (la ragazza di cui era
innamorato), la quale aveva voluto che ci fossi anch'io, in bicicletta all
'Eremo di S. Caterina sul lago Maggiore. Per quanto ne so, fu un amore non
corrisposto e forse, proprio per questo, fu una esperienza amara per lui cui
non mancavano le spasimanti. Una volta, in mia presenza, ridusse in mille
pezzettini il messaggio amoroso di una compagna gaviratese che io, ignara, ero
stata incaricata di portargli e intanto esclamava "Chi se ne frega! Chi se
ne frega!".
Egli uscì prima di noi dalle Magistrali.
Ritrovai Gianni Rodari all'Università Cattolica di Milano dove entrambi
eravamo iscritti. Devo a lui la scoperta, che avrebbe avuto una influenza
decisiva in me, dell'Arte moderna. Fu lui ad indirizzarmi alla Galleria del
Milione che, allora, a Milano faceva conoscere quelli che sarebbero diventati
gli artisti più famosi tra i contemporanei. Fu lui ad indurmi a leggere Dos
Passos, Joyce, Faulkner, Thornton Wilder e tanti altri e il Montale de "Le
occasioni", uscito proprio allora. Conservo ancora le copie che gli
prestai di tale opera e de "Il Ponte di San Luis Rey", sottolineate e
chiosate da lui.
Passarono gli anni - termina Fernanda De Bernardi -.
Seguii la sua ascesa e fortuna letteraria. Venne una volta a tenere una
conferenza a Torino, allora mi presentai e avemmo un breve colloquio denso di
ricordi. Nella prima pagina del volume "La grammatica della
fantasia", che gli porsi per un autografo, scrisse: "A F D.B. quasi
un ricordo del secolo scorso". Dopo un paio di mesi appresi la notizia
della sua morte".
BIBLIOGRAFIA:
“Diario di
Carmelina 1989-2001”, Rotundo Carmelina
“I TUSITALA.
Scrittori italiani contemporanei di letteratura giovanile”, E. Catarsi, F.
Bacchetti,
Materiale estratto
da “www.giannirodari.it”
I «Tusitala»: coloro che raccontano di Simona Ciocca
«Sì, leggere è un piacere, ma è anche un impegno e una
fatica intellettuale al contrario di tanti altri più comodi media; due
dimensioni, ma la prima è una meta, ossia il capolinea di un processo di
formazione del giovane lettore e del potenziale lettore abituale che esorcizza
l’impegno e la fatica proprio attraverso il piacere.» [1]
Introduzione
E’ un libro che fa venire voglia di
leggere quello curato da Flavia Bacchetti ed Enzo Catarsi, pubblicato per i
tipi di Edizioni del Cerro e che porta un insolito titolo: «I Tusitala». Il
sottotitolo introduce sinteticamente a quello che sarà un affascinante viaggio
nel panorama della letteratura giovanile italiana contemporanea. «Tusitala»,
infatti, significa “colui che racconta”. Il testo si articola in quattordici
saggi: dodici di questi trattano in maniera monografica altrettanti importanti
protagonisti di questo settore della letteratura. I primi due, rispettivamente
di Enzo Catarsi e di Flavia Bacchetti, offrono una visione d’insieme di quel
panorama, nonché un’analisi critica della letteratura giovanile italiana,
affrontata sia dal punto di vista storico sia da quello editoriale, con un
affresco sui contenuti, gli stili, i linguaggi e gli intenti che hanno guidato
gli autori di ieri e di oggi nella delicata missione di rivolgersi all’infanzia
ed all’adolescenza.
Si tratta di una pubblicazione
felice per l’agilità della sua struttura e la scientificità dei contenuti che
presenta; si tratta di una pubblicazione preziosa per la sua utilità e per la
sua ampia fruibilità. Rivolto dichiaratamente, ma non esclusivamente, agli
“addetti ai lavori” della formazione dell’infanzia e dell’adolescenza, il testo
consente l’accesso ad un mondo ricco, qualitativamente consistente e
selezionato, quale quello della letteratura giovanile italiana contemporanea.
Attraverso le presentazioni monografiche degli autori e delle loro opere,
permette di orientarsi nella giungla di un’editoria, quella rivolta alle fasce
più giovani dei lettori, che è attualmente tanto feconda quanto gravida di
prodotti dal successo episodico e di qualità dubbia, legati soprattutto a
contenuti di origine televisiva.
Proprio il successo di media come la
televisione ed internet, costituisce, infatti, la principale concorrenza al
libro. Il saggio di Enzo Catarsi riporta alcuni dati di una recente indagine
Doxa, dalla quale risulta che la percentuale dei bambini e dei ragazzi che, nel
tempo libero si dedica alla lettura, è piuttosto bassa. Flavia Bacchetti,
riflettendo su questo fenomeno, solleva la problematica di una minaccia
concreta per il nostro paese: quella dell’analfabetismo di ritorno. Dobbiamo
allora chiederci a che cosa sia dovuto questo sostanziale non amore per i libri
e per la lettura da parte dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. La scarsa
popolarità del libro tra i giovanissimi è legata a diversi fattori: il maggiore
impegno che pretende rispetto ad altri mezzi; la scarsa abitudine alla
narrazione ed alla lettura ad alta voce, delle famiglie di oggi; la percezione
della lettura come imposizione di tipo scolastico, inconsistente al di fuori
delle mura dell’aula, ed infine, ma non certo ultima, l’idea del distacco,
dell’alterità del contenuto del libro rispetto a sé.
Senz’altro
mezzi come la televisione ed il computer sono meno impegnativi, non richiedono
l’impegno intellettuale che richiede la lettura di un libro, soprattutto in età
tenera, quando l’attenzione alle singole parole, nella faticosa procedura della
lettura, distrae il giovane lettore dal significato complessivo di ciò che sta
leggendo. Questi mezzi, inoltre, costituiscono un diffuso passatempo per molti
bambini e ragazzi i cui genitori, pressati dagli impegni che la vita attuale
impone, soffrono di una cronica mancanza di tempo da investire nel racconto e
nella lettura. La stessa percezione del libro, da parte di molti genitori, è
legata ad una idea della lettura come compito scolastico e che quindi non
necessita di varcare le soglie dell’aula. Ad appesantire la non facile
situazione, c’è una storia della letteratura per ragazzi che ha visto dominare
per troppo tempo un modello didascalico, quello del libro pieno di buoni esempi
profili perfetti ai quali è necessario conformarsi.
Il
messaggio complessivo del testo curato da Catarsi e Bacchetti sembra essere
proprio quello di monito nei confronti di questi pregiudizi nei confronti della
letteratura per l’infanzia e della lettura in generale, soprattutto se guardata
con gli occhi dei bambini. Questa infatti, nelle poliedriche forme che ha
acquisito negli ultimi anni, non si presenta come veicolo per l’affermazione di
determinati di stilemi comportamentali, non è qualcosa di esterno che vuole
essere imposto ma è qualcosa che vuole partire dall’interiorità stessa dei
bambini. Quest’ambiziosa posizione richiede, da parte degli autori, una conoscenza
approfondita del pubblico giovanile, delle sue necessità, dei suoi modi di
reagire a certi input ed a certi argomenti, delle difficoltà che costellano
quel faticoso cammino che la crescita rappresenta.
La
nuova letteratura per l’infanzia si presenta dunque come«una letteratura che
dialoga costantemente con il piccolo lettore, ossia che trova le più idonee
coordinate per porsi su un piano sintonico con le sue emozioni ed i suoi
affetti, ma anche il mondo dell’immaginario e delle necessità e aspettative di
natura cognitiva peculiari dell’età evolutiva»[2] . In
questi termini, il libro costituirà non più un’imposizione, ma una provocazione
del lettore, il quale è coinvolto e in processi cognitivi di comprensione, ma
anche di interpretazione e rielaborazione, alimentando in questo modo sia la
sua conoscenza, a cominciare da quella lessicale, ma anche la sua sfera
affettiva e quella creativa.
Gli autori della letteratura giovanile italiana
La letteratura giovanile italiana,
nella sua specificità di genere, si afferma negli ultimi anni del 1800. Autori
come Edmondo De Amicis, Carlo Collodi, Emilio Salgari pubblicano in quegli anni
opere indimenticabili. Tre diversi stili, tre diversi tipi di linguaggio e di
messaggio, tra i quali si impone come dominante il ruolo didascalico svolto dal
libro Cuore. Il piccolo protagonista
Enrico Bottini, buono, intelligente, attento e generoso, con la sua famiglia
armoniosa ed amorevole, sarà per anni il modello incontrastato dell’infanzia
italiana, veicolato tra i banchi di diverse generazioni dal capolavoro di De
Amicis, che inaugura così una letteratura giovanile dal marcato carattere
didascalico. La letteratura giovanile diventa sinonimo di educazione ai buoni
sentimenti e viene relegata tra le sorelle minori della letteratura
propriamente detta, quella dei classici, quella per gli adulti, data la sua
aperta funzione pedagogica. In quegli anni nasceva anche Pinocchio che dava
voce anche agli aspetti ribelli dei bambini, lasciando spazio alla
disobbedienza ed al dispetto ed aprendo le porte della letteratura per bambini
alla magia, come l’opera di Salgari le apriva all’avventura e ad orizzonti
nuovi. Il modello di De Amicis è però quello che è giunto indisturbato, sempre
confermato, alla soglia degli anni Ottanta del ‘900, quando si decolla, in
Italia un nuovo modo di fare letteratura, che affonda le sue radici nell’opera
di un grandissimo maestro: Gianni Rodari.
Enzo Catarsi e Flavia Bacchetti
sottolineano l’importanza che Rodari ha avuto nell’avviare una vera e propria
riforma della letteratura giovanile e nel ridisegnarne il ruolo non solo per i
bambini, ma per gli scrittori stessi, i quali spesso dichiarano il loro debito
che sentono di avere nei suoi confronti. La svolta che Rodari ha permesso si
caratterizza come una sostanziale rilettura del mestiere di scrittore per
bambini: egli è innanzitutto dalla parte dei bambini, non impone loro modelli
compiacenti con lo status quo, ma li invita alla fantasia, alle parole libere
dal peso didascalico, alle parole come gioco con il quale ci si può divertire,
oltre che imparare. La grandezza di Rodari consiste nell’aver saputo porre al
centro della propria attenzione l’infanzia e l’adolescenza nella loro
specificità e nella loro dignità: i giovani di Rodari non sono i futuri adulti
da formare e conformare, ma sono prima di tutto persone attive, che rielaborano
ciò che ricevono sulla base delle proprie esperienze, dei propri strumenti di
interpretazione, ineluttabilmente legati ad un’età ricchissima di emozioni e di
sentimenti. Scrive Bacchetti: «Da Rodari in poi, si guarda ad un lettore che ha
una duplice matrice: è certamente il bambino e l’adolescente immerso nel
concreto del vissuto sociale e che, perciò, letterariamente riflette problemi
intimi, familiari, ma anche di un tempo storico e di una società precisi,
quelli stessi che emergono durante gli anni Cinquanta (…) ma sono anche
infanzie ed adolescenze che trascendono la dimensione temporale,
riconnettendosi a paradigmi classici di qualsiasi età storica: alla natura
profonda dell’infanzia, che è curiosità, è ansia di scoperta e che è anche
ribellione»[3].
Bianca Pitzorno, Roberto Piumini,
Donatella Ziliotto, per citarne solo alcuni, riprendono e rielaborano la
poetica rodariana: al centro delle loro opere, come in quelle degli altri Tusitala italiani contemporanei,
troviamo i loro piccoli lettori, protagonisti indiscussi della realtà e della
fantasia che di volta in volta ci vengono raccontate. I nuovi autori sono
innanzitutto persone che conoscono in maniera approfondita i bambini ed i
ragazzi, nei diversi aspetti della loro vita sociale, cognitiva ed emotiva.
Essi parlano sempre a bambini e ragazzi, alle volte si rivolgono a ciò che
della propria infanzia ed adolescenza vibra ancora dentro di loro. Parlano a
bambini e bambine, a ragazzi e ragazzi, coscienti della unicità di ognuno di
loro, si raccontano con passione e naturalezza, usando delle parole tutta la
loro forza evocativa e la loro capacità creativa, senza mai voler insegnare, ma
solo per raccontare, come puri maghi della narrazione.
Alla base della proposta letteraria
di Rodari c’era l’elemento forse più prezioso della letteratura, in particolare
quando questa vuole rivolgersi ai giovani: la gratuità. Gratuità
vuol dire offrire un testo, per leggerlo o per farlo leggere, senza richiedere
poi conferme di comprensione, rielaborazioni orali o scritte forzate, senza
controllare, insomma se ha sortito benefici effetti. Questi emergono quando il
giovane lettore si riconosce in ciò che legge, partecipa, gioca e si diverte
con le parole, rimanendo attaccato alle pagine, sfogliandole l’una dopo l’altra
e sperando che non finiscano mai.
La rivoluzione rodariana ha dato
luogo ad una progressiva esplosione di stili e di linguaggi che hanno
risvegliato l’editoria: dal 1981 ad oggi, le più importanti case editrici hanno
pubblicato collane dedicate ai ragazzi, che vantano titoli di grande qualità
letteraria. Tra le case editrici pioniere, in questo settore, citiamo la E. Elle , che ha inaugurato
ben tre diverse collane per i giovani, tra il 1981 ed il 1985. Da citare sono
inoltre «Gli Istrici» di Salani (1987) e la «Junior » di Mondadori (1988), mentre negli anni
Novanta nascono, tra le altre, «Il battello a vapore» di Piemme (1992), «Le
Gru» di Giunti (1992), «Feltrinelli Kids» di Feltrinelli (1999).
Spesso
impreziositi da immagini e da pagine manipolabili, per i più piccoli, queste
collane comprendono le opere più diverse: dalla narrativa alla poesia, dal
poliziesco all’horror ed ancora dalla rivisitazione dei classici a quella delle
fiabe e delle leggende regionali, le parole dei Tusitala percorrono in tutte le
direzioni la realtà e la fantasia dei loro giovani lettori.
I temi dei Tusitala
Il
titolo che introduce queste pagine, pretenderebbe un’esaustività che non è
possibile fornire in questa sede e per la quale si rimanda al testo curato da
Flavia Bacchetti e da Enzo Catarsi. Vogliamo però scorrere brevemente alcune
delle tematiche trattate dai nostri Tusitala nelle loro numerose opere. Come
abbiamo accennato, essi spaziano tra i vari argomenti, senza limiti stilistici,
nella convinzione che ai bambini si possa dire tutto, purché lo si faccia con
delle parole che questi possano e vogliano comprendere. Questo non significa
utilizzare un bambinese, ossia un
linguaggio semplificato e banalizzato, al contrario, una delle caratteristiche
che qualifica la letteratura per ragazzi di cui stiamo trattando, utilizza
sempre un linguaggio accurato, preciso, limpido, diventando così anche
occasione per imparare nuove parole. Per parlare di tutto ai bambini bisogna
innanzitutto motivarli, incuriosirli e rispondere alle domande create con
chiarezza e semplicità, seppure in un contesto fiabesco. Affrontare con loro
temi scabrosi o fino a poco tempo fa ritenuti tabù, significa voler loro
evitare certe ipocrisie e permettere loro di prendere coscienza di certi
aspetti della realtà, alimentando lo sviluppo del loro spiriti critico.
Altrettanto importante è lasciarli giocare con la fantasia, e far comprendere
loro quale potente strumento espressivo siano le parole. Mutuando
un’espressione da Guido Quarzo, se vogliamo comunicare con i bambini, che
scrive per ragazzi non deve “pensare adulto e scrivere bambino” ma, al
contrario, “pensare bambino e scrivere adulto”,
ossia cercare un contatto empatico con il giovane lettore per creare lo
spazio che ci permetta di offrirgli le nostre esperienze e la nostra fantasia,
con la ricchezza e la chiarezza delle conquiste fatte negli anni.
Tra
le svolte tematiche più importanti, rispetto alla letteratura del passato, va
senz’altro segnalata la ribalta della bambine. Bianca Pitzorno, Donatella
Ziliotto, Beatrice Solinas Donghi, seppure in maniere profondamente differenti,
restituiscono a questa metà dell’infanzia una dignità soffocata da una passato
di cenerentole remissive e troppo giudiziose. Le bambine di queste autrici,
dietro le quali si intravede quel filone inaugurato dalla Pippi Calzelunghe di
Astrid Lindgren, sono ironiche, intelligenti, intraprendenti. Non sono affatto
spettatrici passive della realtà e del destino che viene loro affibiato, perché
segnato dal genere al quale appartengono: sono vigili osservatrici di ciò che
le circonda e discriminano i modelli ai quali ispirarsi e quelli da fuggire. In
questo panorama gli adulti, quasi sempre figure femminili che si presentano
come icone da imitare, simboli dei pregiudizi senza tempo della società, sono
agli occhi delle bambine maestre e professoresse arcigne, contro le quali
combattere le quotidiane crociate in difesa delle ingiustizie che queste
vogliono perpetrare. Vengono così affrontati il tema del pregiudizio
maschilista, ma anche dell’amicizia tra le bambine e del loro aiutarsi nel
crescere, quando anche le mamme sembrano lontane anni luce dalla dimensione che
stanno vivendo.
Questa
lontananza dall’adulto è dovuta, generalmente, a quella delicata fase di
passaggio dall’infanzia all’adolescenza in cui crollano le spensierate certezze
del prima per lasciare il posto a qualcosa di nuovo, sia all’interno, sia
all’esterno della propria persona.
Gli
adulti però, non sono tutti uguali: c’è sempre qualche adulto speciale, pronto
ad ascoltare e a raccontare. Tra questi, quelli preferiti da tanti piccoli
protagonisti della letteratura sono i nonni: non più pressati dalle esigenze
della vita quotidiana, vivono in una dimensione che è altra da quella
follemente veloce degli adulti, un po’ come i bambini e gli adolescenti, ed è
forse per questo che riescono a comprendersi. I nonni, però, sono anche coloro
che si trovano alla fine del cammino della vita: la tematica della morte entra con
garbo nella letteratura per l’infanzia. Tra le opere più significative, in
questo senso, vogliamo citare Mattia e i
nonno e Lo Stralisco, di Roberto Piumini, dove la morte del nonno,
nel primo caso, e di un amico vengono presentate con grande delicatezza,
accentando il momento in cui un affetto trascende la vita corporea, per
diventare parte di noi, restando nella nostra memoria e nei nostri sentimenti.
Analogamente accade nel racconto Aldabra,
la tartaruga che amava Shakespeare, di Silvana Gandolfi, in cui la morte
della nonna della piccola protagonista, viene descritta con la progressiva
metamorfosi della donna in una tartaruga, bellissima metafora che richiama
l’immortalità, nello senso appena specificato.
Se
i nonni riescono a prestare ascolto e complicità ai nipoti, non possono però
vivere, al loro posto, quella misteriosa metamorfosi che segna il passaggio
dall’infanzia all’adolescenza, per la quale i ragazzi si sentono tanto lontani
dagli adulti. Il tema del cambiamento, della crescita e delle difficoltà ad
essa legate, sono affrontati in numerose opere, attraverso diversi stili
narrativi. Spesso l’argomento viene trattato attraverso situazioni fantastiche,
come la scimmia nella biglia raccontata da Silvana Gandolfi, che aiuta la
piccola protagonista a crescere per poi passare, significativamente, nelle mani
del fratellino minore, prossimo alla stessa missione. Il senso di smarrimento e
di doppiezza tra identità che si sta perdendo ed una che si sta acquisendo, è
ben descritto da Angela Nanetti in Le
memorie di Adalberto, in cui la
famiglia perfetta e soffocante di Adalberto, non si accorge del disagio da lui
provato nell’esser trattato ancora come un bambino mentre questa dimensione,
per lui, sta ormai diventando passato. L’argomento del cambiamento e dei
cambiamenti, come quelli del corpo, è affrontato con delicatezza ma anche con
grande ironia e finezza da Giusi Quarenghi in Un corpo di donna, che racconta le difficoltà di Gaspara ad
accettarsi: da notare è in questo caso la strategia stilistica adottata
dall’autrice. Il testo viene infatti scritto in terza persona fino a quando
Gaspara conquista fiducia in sé stessa, per poi diventare una narrazione in
prima persona, conferendo forza a tale conquista.
Il
passaggio dall’infanzia all’adolescenza non avviene mai in una campana di
vetro, ma in preciso contesto sociale che gli autori non vogliono negare,
neanche quando decidono di ambientare le loro storie in un passato più remoto o
più doloroso di quello a noi più vicino. Vengono così trattati temi scottanti
come quello dell’Olocausto (Andrea Molesini,
All’ombra del lungo Camino) e della guerra (Donatella Ziliotto, Un chilo di Piume, un chilo di piombo)
ed introdotta la Storia nella letteratura per l’infanzia, con ambientazioni
anche medievali e rinascimentali, in cui il “C’era una volta” prende un corpo
che richiede rispetto della scientificità delle informazioni aiutando i bambini
a vivere la storia non più come un’astrazione, ma come uno “ieri” in cui
c’erano altri bambini che facevano altre cose e vivevano altre storie, altre
condizioni, altre difficoltà, come la giovane Artemisia
Gentileschi , importante personaggio dell’arte fiorentina nel
periodo dei medici, la cui storia è stata riscritta per i ragazzi da Donatella
Bindi Mondaini.
Non
solo realtà, ma anche fantasia, abbiamo detto e già incontrato nei nostri
Tusitala. Non solo la Storia, ma anche le storie, quelle popolari e quelle
regionali, sono state rivisitate e raccolte da Beatrice Solinas Donghi e da
Roberto Piumini, per proteggere un patrimonio prezioso ed offrirlo ai ragazzi
perché ne godano e lo conservino. Così come sono stati rivisitati i classici ed
il loro fascino (Piumini) che, insieme all’esplosione di creatività e di
fantasia delle fiabe rilette in chiave moderna propongono un panorama
inesauribile da divorare con gli occhi e con le orecchie.
Immancabile,
nelle fiabe, è sempre il lupo, ma sconsolato come quello proposto dalla
fantasia di Guido Quarzo forse non l’avevamo ancora mai incontrato. Si tratta,
infatti, dell’Ultimo lupo mannaro in
città, il cui ululare è coperto dal rumore del traffico e non fa più paura
a nessuno.
La
paura, però, non manca nei libri per ragazzi, grazie all’opera feconda di
Donatella Ziliotto e Pier Mario Fasanotti che introducono il giallo nella
letteratura giovanile, inserendo tutto gli ingredienti, compreso un linguaggio
tecnico ed accurato, per fare dell’appuntamento con il libro un momento di
suspense e di stimolo alla scoperta ed all’investigazione, elementi quanto mai
importanti per la crescita di un bambino, per lo stimolo della sua curiosità.
Un
ultimo importante argomento vogliamo ancora citare, un tema particolarmente
importante ed attuale, che coinvolge tutti bambini ed adulti in uguale misura:
il tema della diversità. “Diversità” è un termine difficile da spiegare, perché
comprende troppo, ma può essere facilmente banalizzato. Tre sono gli esempi,
fra gli altri, particolarmente significativi: la tenerissima avventura di
Clara, una bambina down che decide di andare al mare da sola, raccontata da
Guido Quarzo; l’immagine del maestro Bora, di Donatella Ziliotto e la
fantastica storia di un bambino con una strana particolarità di avere sei dita
per ogni piede, scritta da Silvana Gandolfi.
Nel
primo caso si racconta la una giornata speciale di una bambina che ha una
quotidianità diversa da quella degli altri e che, senza troppa coscienza del
valore del suo gesto, si riscatta semplicemente, serenamente, aiutando gli
altri a comprendere come ogni persona ha la propria preziosa ed inviolabile
unicità. Nel secondo caso, il maestro Bora è un personaggio diverso
semplicemente perché incurante dei comuni stilemi comportamentali, dimesso e
con la testa tra le nuvole, viene tormentato dalle pie donne di Trieste, in cui
vive, che cercano di ricondurlo sulla retta via, ossia la conformità. Il
terzo ed ultimo caso è quello della storia di un bambino che soffre di questa
sua particolarità: sei dita per ogni piede sono difficili da trovare tra gli
altri. Grazie all’intervento dello zio, che gli mostra come, proprio grazie alla
forma speciale dei suoi piedi, lui è l’unico ad avere accesso ad un passaggio
segreto di un’antica città, la diversità acquisisce un valore positivo, anzi,
un motivo di orgoglio.
Molti
altri sono ancora i temi, gli stili narrativi ed i linguaggi che fanno della
letteratura giovanile italiana una letteratura importante e che, solo per
esigenze di tipo formale non possiamo qui citare. Vogliamo concludere citando
un altro dei grandi artisti di cui I
Tusitala si occupa, il quale è non solo uno scrittore, ma un profondo
conoscitore dell’infanzia, con una lunga esperienza didattica che lo sostiene
nella sua opera: Angelo Petrosino. Le sue parole, sul ruolo della lettura nella
vita di un giovane, sono più efficaci di ogni nostra possibile osservazione,
proprio perché dettate dall’esperienza:
Non conosco strada più diretta per arrivare al
cuore e alla testa di un bambino se non attraverso le storie che leggo e che
racconto. Con le storie, sono arrivato a scardinare le difese più agguerrite
dei bambini che avevano deciso di tenersi ai margini del mondo per paura, o per
odio verso se stessi e gli altri. Leggendo storie, sono sempre riuscito a spronare i bambini a prendere la parola, a
raccontarsi e a fare chiarezza in se stessi. Li ho resi insomma più forti, più critici,
più ironici, più capaci di mettersi in gioco cambiando punti di vista e
stereotipi[4].
[1]
Bacchetti F., La letteratura
contemporanea tra autori, libri ed immaginario, in «I Tusitala», Edizioni del Cerro, Tirrenia, 2006, p. 51.
[3] Ibidem.
[4] Cit. in P. Cavazzoni, Angelo Petrosino: uno scrittore dalla parte
dei bambini, in I Tusitala,
cit.,pp. 286 – 287.
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