domenica 26 giugno 2022

Storia del Re Perfettus

Analisi del paesaggio

 

In “Storia del Re Perfettus” troviamo essenzialmente due paesaggi: il regno del Re e il Regno d’Incatesimo. Questi due ambienti hanno caratteristiche diverse, al punto di sembrare quasi agli antipodi. L’ intrusione casuale di una Fata nel Regno del Re metterà in contatto questi due mondi in modo particolare, provocando molti cambiamenti.

 

Regno del Re

Questo paesaggio è l’ambiente in cui nasce la storia. Si tratta di un regno in cui, per ordine di un Re perfezionista ed esteta, tutto è ordine e pulizia. L’ambiente è ovviamente surreale, la perfezione paradossale, a volte talmente alta da sfiorare il ridicolo. Il Re è il padrone assoluto del paesaggio, che ha modellato a suo gusto; ogni singolo dettaglio è infatti espressione della sua personalità. L’autorità propria di ogni Re, in questo caso è quindi usata con una finalità estetica: tutto deve essere ordinato, pulito e decoroso.

 

Quella che segue è una descrizione del regno che ho provato a riscrivere traendo spunto dal racconto.

 

“Nel regno del Re Perfettus niente era fuori posto.

I cappelli sulle teste, gli occhiali sul naso, gli anelli alle dita. I signori camminavano impettiti e decisi, un passo dopo l’altro, e così all’infinito, mai una svista, un inciampo, una storta. Abili calcolatori e puntuali come orologi, arrivavano sempre in orario.

E le signore, profumate d’acqua di rosa, candide e delicate come solo le donne potevano essere, non osavano uscire senza il loro ombrellino da passeggio sotto braccio e il cappello ricamato. Impeccabili, passeggiavano, parlavano, mangiavano sempre con giusta moderazione. Se capitava loro di sentire lo strano impulso delle risa, con una mossa impercettibile della mano, prontamente nascondevano le loro bocche, contenendo con maestria il loro divertimento.

E i bambini? I bambini sgambettavano con eleganza ed equilibrio, gridavano con moderazione, saltavano al massimo quattro volte al dì. Capelli impomatati, colletti delle camicie perfetti, per non parlare delle pieghe delle gonne delle bambine, perfettamente asimmetriche! Le scarpe erano talmente luccicanti da sembrare sempre nuove; le borse di scuola erano perfettamente calibrate per una giusta distribuzione del peso dei libri.

Per non parlare poi degli animali...quelli poi erano talmente ordinati e puliti da sembrare quasi finti. Le criniere dei cavalli? Lucide e profumate. Il pelo dei gatti? Soffice e vaporoso. Le unghie dei cani? Morbide e curate. Non un cinguettio di troppo si udiva nel paese, mai una baruffa tra cani, assolutamente impensabile poi calpestare escrementi di mucca.

Non un granello di polvere in tutto il regno! Ogni cosa risplendeva come appena lucidata, le strade profumavano di lavanda, dalle case fuoriuscivano deliziosi profumi di cucine prelibate. Non un vestito appeso alle finestre, solo gerani: uno rosso, uno giallo, uno rosso, uno giallo. Persino il fumo che usciva dai camini, lassù oltre i tetti, sembrava seguire una traiettoria perfettamente regolare: curva a destra, curva a sinistra, e così via. E le strade? Erano talmente simmetriche e lineari, che era impossibile perdersi! E passeggiando per il borgo, non era difficile notare come tutte le case fossero alte uguali, esattamente sei metri e dodici centimetri, senza eccezioni. Al centro della facciata principale, il portone. Rigorosamente celeste acquamarina. Mentre le pareti della casa risplendevano di un bel giallo canarino.

Naturalmente anche i campi erano regolari: ognuno lungo dieci metri e largo sei. Il cavolo bianco accanto al cavolo nero, assolutamente distanziati dalle insalate! Un strada lineare passava tra i campi. Persino il fiume scendeva a velocità costante. Le chiome degli alberi erano perfettamente rotonde, le foglie senza grinze né sciupature, i frutti  ben distribuiti sui rami, non avevano nemmeno l’ombra di un’ammaccatura. Ciliege, mele ed olive non osavano cadere se non nel cestino dei contadini. E quando qualche sfortunato agricoltore per caso scorgeva un baco sulla buccia lucente di una mela, immediatamente se la mangiava, così che da nascondere nella sua pancia quella piccola imperfezione.

Persino il clima era perfetto! Ogni anno trecentocinquantotto giorni di sole, tre di pioggia e cinque di vento, tanto per gioco. E quando dico giorni di sole, intendo dire cieli splendidamente azzurri, con dieci nuvole bianche per ornamento e gli uccelli in volo armonico. Il sole, ovviamente rotondo, stava proprio nel centro perfetto del cielo.

 

Questi erano i gusti del Re Perfettus.”

 

 

  Regno d’Incantesimo

  Questa seconda ambientazione viene presentata solo dopo che un imprevisto subentra a cambiare l’apparente equilibrio iniziale del Regno. L’entrata in scena della Fatina porta ad un cambio di contesto. Violetto, suddito del Re Perfettus, segue la Fatina fino alla foresta, dove gli si manifesta un mondo totalmente caotico e stravagante. Il contrasto con il regno del Re appare subito evidente: l’ordine contro il caos, la regolarità contro l’irregolarità. La foresta è popolata di strane creature colorate e rumorose, sconosciute agli occhi di Violetto. Questi abitanti si muovono all’interno della foresta in modo disordinato e libero, ognuno gioca e scherza continuamente. Tuttavia anche qua troviamo qualcuno a comandare, ovvero la Fata Regina, la quale però lascia agli abitanti della sua terra una totale libertà espressiva. Solo in caso di emergenza si arma di un tamburo che suona per richiamare l’attenzione degli abitanti della foresta. La creatività e l’inventiva che circola veloce tra queste creature, offrono una chiave di risoluzione al problema di Violetto  e degli altri abitanti del Regno. La magia subentra nel regno perfetto e sconvolge questo ordine in modo irreversibile. Il Re viene rapito, incontra la Regina delle Fate, perde la memoria nel sonno e al risveglio l’unica cosa che sa è di essersi innamorato di lei. Violetto viene eletto capo del villaggio e la vita nel Regno diventa più umana.

 

  Dalla contrapposizione di questi due ambienti, uno ordinato alla perfezione, l’altro caotico e variegato, ne nasce quindi un terzo, forse il più reale. Questo nuovo ambiente non viene descritto, ma lasciato all‘immaginazione del lettore. L’unica cosa che sappiamo è che vige un nuovo ordine, quello di ridere almeno un’ora a settimana.

 

Giulia Verani

 

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