martedì 25 febbraio 2025
Io e l'insegnamento dell'italiano al CENTRO INTERNAZIONALE GIORGIO LA PIRA
Categoria adulti 4. D)
Io e l'insegnamento dell'italiano al CENTRO INTERNAZIONALE GIORGIO LA PIRA
Vivo da dieci anni, in un dolore profondo invisibile agli occhi del corpo, assistendo impotente
all'imbalsamazione da vivo di Cesare. La mia vita non è stata sempre così: ho avuto dei genitori stupendi,
i migliori che potessi avere, un fratello meraviglioso innocente e puro, per due volte il dono della
maternità "Che Favola!" narra di chi è venuto ad omaggiare la nascita di Sara e un diario, ancora inedito,
dei 12 anni che partono dal 1989, continuano con le pagine dedicate alla venuta alla luce, nel 1991 di
Nadia, e si concludono con il Comenius per portare avanti con i Maestri del Belgio, della Spagna, della
Finlandia e, naturalmente dell'Italia : "we are eurokids different but equal" con due viaggi ad Helsinki.
Ho realizzato i mie sogni nel lavoro (a chi a sei anni mi chiedeva che cosa volessi fare da grande
rispondevo: "insegnare alla Scuola Elementare ed all'Università") il fato mi condurrà incredibilmente ad
insegnare come maestra unica negli anni'70 alla scuola elementare (a 19 anni lo stato mi affidava 35 bimbi
e bimbe per educare); nel 1981, inserita nel progetto pilota ministeriale I.L.S.S.E. sono tra i docenti
sperimentatori che attuerà una didattica per insegnare la lingua straniera nella scuola elementare (la legge
verrà nel 1991); nel 2003 entro, dopo aver superato la prova scritta ed orale di un concorso ministeriale,
come tutor all'Università degli Studi di Firenze, per formare i futuri docenti e come volontaria negli anni
'80 insegno italiano al Centro Internazionale Giorgio La Pira. Proprio in questa sede le esperienze di
dialogo e di conoscenza in prevalenza delle civiltà- culture africane e, da questo continente, l'incontro con
l'uomo della mia vita.
TU
Venivi dal mistero del tempo e dei luoghi
venivi dall'Egitto, terra di faraoni e schiavi, di piramidi e povertà, di deserti e della fertilità del Nilo, di
Chador e di danze del ventre, di tombe e di tesori, di misteri....
Da una storia che è mito
Occhi neri, capelli neri: tu, atletico
occhi azzurri, capelli chiari: io.
Le partite di ping pong al Centro La Pira nella sala Teatina, ancora da rimodernare, dove, durante la
ricreazione, ci incontravamo studenti e docenti; quelle partite che vincevo sempre io! Mi rivelasti, in
seguito che mi facevi vincere, per conquistarmi ...
I nostri baci tra cespugli e sotto alberi maestosi, tra fili d'erba e fiori di meravigliosi giardini popolati di
statue o sotto alberi di olivo bellissimi; ci amavamo immergendoci nei cieli, nei verdi, nei colori dei fiori,
nei profumi.
Senza permesso di soggiorno tu, abituato a lavorare dall'età di dieci anni, a viaggiare, a essere
indipendente, abituato a fare "di testa tua".
Io che venivo da una famiglia dove il papà militare aveva dato un'impostazione così rigida all'educazione,
da tentare di tarpare ogni volo ai figli, anche se questo, devo riconoscere, mi ha sempre spinta a cercare
strade alternative per volare.
Mia madre Maria, la dolcissima, mitigava tutte le tempeste con il suo sorriso, di una generosità immensa.
Non pensava a sé, ma agli altri, è lei che ha donato all'animo mio la “meraviglia” della poesia.
Tu, che scrivi da destra verso sinistra, io che scrivo da sinistra verso destra.
Che cosa trovavi in me? Tu così diverso, sempre mi ripetevi: “Carmelina scendi dall'albero!” O forse mi
hai scelto perché ero proprio sull'albero?
Di notte abbiamo organizzato la spedizione per Roma al consolato d’Egitto per fare i documenti perché tu
potessi restare in Italia. Baci in una notte d’amore io “fuggivo” dalla tragedia che colpiva la mia famiglia:
mio fratello Cesare caduto nella dipendenza da psicofarmaci, ricoverato a Foligno, mia madre persa dietro
di lui, per lui; tocco con mano che cosa vuol dire avere una persona che cade nella dipendenza, in questo
caso di psicofarmaci, e che cosa possono fare dei genitori coraggiosi in una dedizione assoluta verso i figli
e in un'alleanza costruttiva e di dialogo con le strutture sanitarie e con la parrocchia.
l L'allora parroco Don Luigi Stella ( grandi e generosi uomini di Chiesa sono sempre apparsi in questo
percorso) riusci' a creare un vero e proprio gruppo dove ognuno aveva il suo ruolo: chi era maestro di
musica insegnava a suonare la chitarra a Cesare, passione che da allora ha sempre caratterizzato le
giornate di mio fratello, chi lo coinvolgeva nel disegno e nel colorare, Cesare infatti amava le geometrie e
il colore: l'ordine della composizione e gli abbinamenti, avendo conseguito un diploma di compositore di
giornali ed essendo stato assunto per tre mesi alla tipografia del Comune di Firenze lavoro, come in tutti
gli altri: di commesso e di operatore sanitario interno alla farmacia di Careggi in cui Cesare si è sempre
distinto per impegno e passione, buona volontà e simpatia, dedizione!
I miei fine settimana tra Firenze e Perugia. A Firenze con papà che stava rivelando delle doti di affetto
che, fino ad allora, non gli avevo attribuito: se trovava delle mie cose personali sporche me le lavava, io
per lui ero “tutto” avevo sempre ubbidito, studiato con ottimi risultati a scuola fin dalle elementari. Avevo
vinto il concorso magistrale che mi permetteva di entrare nel mondo del lavoro a gonfie vele.
Io, che prima di salire sul treno Firenze -Perugia, ti incontravo.
Tu che mi offrivi un bicchiere di latte, scherzavi: eri bello, alto, statuario, con te raggiunsi altre
dimensioni. Per rimanere in Italia unica soluzione: sposarti. Io che non potevo dire nulla ai miei genitori,
le parole di mamma sono state: "Studia, lavora, costruisci la tua indipendenza! " Maria sposatasi all'età di
16 anni ha voluto realizzare in me i suoi sogni di indipendenza, di libertà.
Non conoscevo nulla di te, nel tuo sorriso l’immensità, mi facevi ridere, scherzare, niente domande né lui,
né io: due piccole gocce di universo che provavano a stare insieme.
Del fatto che volevo sposare Sayed ne parlavo molto a scuola, già perché io allora insegnavo inglese alla
primaria e da sei anni ero tutor all’università. Quel mio dialogo è stato narrato con disegni dai miei alunni
tanto da divenire un album a fumetti.
Ritornando alla scuola.
Le mie colleghe si stavano preoccupando ” Chi sarà?”, “Perché la vuole sposare?"
... e per essere certe che fosse lui l’uomo della mia vita hanno organizzato una riunione conviviale, la Pina
fu generosa mettendo a disposizione la sua casa per un rinfresco da capogiro.
Lui che aveva superato la prova a gonfie vele, bello, simpatico e sempre gentile.
Dato che in famiglia non avevo detto nulla, non potevo nemmeno chiedere soldi.
Per che cosa? Sarebbero serviti per scarpe e vestito da sposa?
Anche questa volta fu la scuola a risolvere tutti i miei problemi. Una mia collega ( moglie del futuro
assessore alla Pubblica Istruzione del comune di Scandicci) me lo prestò; lineare, di pizzo con un velo
lunghissimo, anche lui quando me lo vide addosso, disse che l’avrebbe desiderato così, in mano le calle, il
mio fiore preferito.
Per dopo. Le mie colleghe erano preoccupate: “Andrà in giro con il vestito da sposa?!” Comprarono due
completini davvero eleganti, a pois e l’altro azzurro, il mio colore preferito, una borsetta blu e un paio di
sandali bianchi.
Per corredo: bicchieri, piatti dipinti a cuoricini, persino le due tazzine di caffè e la macchinetta dipinta con
il cuore e due vestaglie da notte da sogno.
In tutto il tempo dei preparativi il direttore della scuola veniva da me in classe dicendomi: “Mi
raccomando maestra Carmelina si sposi una volta sola, non gestisco più la scuola: i bambini e i genitori a
preparare i regali, a studiare le tradizioni arabe, so che il giorno del matrimonio, venerdì 9 Maggio (per i
musulmani è il giorno festivo), li condurranno al suo matrimonio!
La mattina prima, l’8 maggio, esco da casa con la mia "caramella" la valigia targata “ Bisonte” dicendo di
andare ad un convegno, portavo solo un cambio.
I miei genitori mi hanno insegnato l’onestà, invece andavo in una camera ammobiliata con una signora di
91 anni, madre di un maestro (tanto per rimanere in tema scuola), invece andai a scuola a svolgere le mie
lezioni. Intanto consegnavo una lettera ad un'amica, una “grande” che godeva la stima anche di mamma e
papà. La lettera mio padre, scoprirò l'ha gelosamente conservata tra i documenti importanti che
documentavano la vita mia e di Cesare al quale scrive una lettera da grande poeta come io non avrei mai
potuto immaginare, ma l'amore per il figlio l'aveva generata!
ll contenuto della mia lettera può riassumersi: << Caro papà, cara mamma,
ho incontrato l’uomo della mia vita, per lui ho deciso di abbandonarvi. Non sono venuta meno ai vostri
insegnamenti e ai vostri principi in cui credo.
Porto solo lo stretto necessario e, se deciderete di non riconoscermi più come figlia sappiate che non
tornerò indietro.>>
Raccomando ad Anna Ricca di telefonarmi per informarmi dell’esito della lettera e mi ritiro nella casa in
via Ghibellina quasi di fronte alla casa di Michelangelo aspettando che arrivino le ore 20 accanto al
telefono fisso per sapere gli esiti della spedizione. Io e Tina sedute al telefono ad aspettare, passavano le
ore, nulla, io che tremo e dico: " Vedrai papà l’ha uccisa così ho rovinato due persone"; invece Tina
risponde: “No, no, conoscendo tuo padre e la sua nobiltà d’animo ti dico che l’ha invitata a cena” io che
insisto sul no.
Arriva la telefonata, è dopo mezzanotte: “Ma Anna che fai, perché mi chiami così tardi?” “Perché tuo
padre, dopo che ha letto la lettera, mi ha invitata a cena e non potevo mica dirgli scusi telefono...", a quel
tempo non esistevano ancora i cellulari.
Ha detto tuo padre che domani verrà.
Il giorno dopo vedo papà che mi aspetta a Palazzo Vecchio, lui puntuale.
L’uomo della mia vita, in ritardo.
Papà mi abbraccia: ”Non ti preoccupare, ti riprendo io!” Sayed arriva all’ultimo tuffo, aveva ritardato per
le calle, una scusa, lui arrivava sempre in ritardo.
Sala rossa 9 maggio 1986, 9 maggio che sarebbe divenuto il giorno della festa europea, l’Inno alla gioia di
Beethoven! A Palazzo Vecchio nel chiostro col putto col delfino di Andrea del Verrocchio la foto con i
miei alunni; penso che io possa vantare il primato degli invitati più giovani, dato che erano alunni delle
elementari, tantissimi, elegantissimi e con il lancio del riso e di petali perché loro le avevano studiate con i
genitori, con le maestre le usanze, volevano rendere onore a lui ed a me.
Papà preoccupato mette in tasca a me un milione di lire e uno a lui.
" Nobile tuo padre non ha dato due milioni a te, li ha dati uno a El Sayed uno a te. Io che consegno tutto a
lui determinando il passaggio di amministrazione anche del mio stipendio da mio padre al marito!
Ristorante ”Pepe Verde”
Al mercato di San Lorenzo, lasciato libero per noi dal proprietario Giovanni il quale aveva una grande
stima di El Sayed come lavoratore onesto e professionalmente all'altezza di ogni situazione!
...matrimonio di "scuola", di amore tra petali e riso; non c’è nessuna uguaglianza lontani nel fisico, negli
occhi, nel modo di interpretare la vita, la religione, lui non mangia maiale, io ne vado pazza.
Mai insieme nella cultura, insieme invece coinvolti i nostri corpi nell'amore.
Ti avevo conosciuto al Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira, ma prima di me rivelasti in
tribunale
( quando iniziava la tragedia che ha fatto deragliare le nostre vite e ha portato Cesare alla seconda fatale,
condotta magistralmente da un sistema di 4 donne unite invulnerabili, caduta nella dipendenza da
psicofarmaci ) di aver conosciuto Cesare il quale frequentava gran parte delle mie amiche e veniva in
maniera indipendente in alcuni luoghi frequentati anche da me; qui per giocare a ping pong!
Potrei fornire l'album dove ho raccolto la storia disegnata a fumetti dai miei alunni, immagini particolari
piene di colore d'ingenuità
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