lunedì 9 giugno 2008

BEL TEMPO SPERADO

BEL TEMPO SPERANDO
Ieri sera pioggia e niente più ; Carlo Fiaschi,l’organizzatore, è preoccupato , ma non troppo : ha fiducia che gli etruschi ci mettano una buona parola che il sole ci permetterà di realizzare il nostro itinerario all’aperto e, bel tempo sperando, all’ora scoccata si parte-
Dall’asfalto umido qua e là pozzanghere d’acqua e dai finestrini passa ora una ricca campagna un po’ verde,un po’ gialla,un po’ rossa;
Ora spazi aperti di vallate di vallate di terra arata,marrone scuro,più chiara ,bruciata con case di contadini isolate, aie ,fienili, qualche
cacciatore in tuta verde con sulla spalla il fucile ; molte pecore al pascolo. Nel sedile avanti al mio, Marco , un ragazzo che si definisce polemico,ma che tanta semplicità e una raffinata cultura, una Jole oggi in splendida forma,più allegra che mai e vicino Siro,serioso e un
po’ stanco che dopo aver letto il giornale si decide a chiudere gli occhi tranquillamente. Le prima sosta a Torenieri dal Tucci é molto
gradita m Pino vorrebbe buttarsi su quelle paste alla crema, dolcetti speciali,ma fa notare che è roba bella a guardarsi,sì, m,ma non a
mangiarsi.. tutta colpa della dieta; intanto Giovanni il nostro autista, per niente toccato dalle parole di Tino, sceglie due pezzi dolci e un caffè ,mentre Loredana ,Jolanda e Marta lo seguono. Un salto appena alla chiesetta di Torrenieri.vicino alla pasticceria e via sul pullman
si riparte.
La dottoressa Daniela Canocchi è veramente quanto di meglio si possa aspettare da una guida ; è solerte, a conoscerla bene anche spiritosa ,simpatica e sopratutto ben documentata ;questa volta ci ha portato fra le altre opere anche il libro che fino al 1928 fece testo
su Sovana, quello di Ranuccio Bianchi Bandinelli.
La visita alla Tomba Ildebranda è possibile ; c’è un cielo umidiccio che minaccia,ma non piove. La tomba a dir poco é grandiosa. la
dottoressa Daniela Canocchi la definisce “regina”.
Salire su quei resti è un’avventura e le gentili signore e signorine sono aiutate da due volontari : Alberto ( in tenuta sportiva dai ca-
pelli appena brizzolati) e Luciano ( vestito di blù e bianco come un marinaio ).Scoprirò poi che la sua grande passione è appunto la nau-
tica .
La passeggiata per il cavone è straordinaria, indimenticabile ; camminiamo in un corridoio che ha per pareti due alte muraglie di tufo,
per tetto è il cielo e un fogliame dai toni rosso ,giallo acceso,violento,marrone scuro, più chiaro. Sul tufo un mondo di flora da scoprire e
piante di felci . Marco me ne fa vedere molte varietà; capelvenere che spunta qua e là a mazzetti come delicatissimi zampilli di fontana,
muschio ,splendidi ciclamini, edera ; per terra, all’uscita dal cavone, ricci di castagne. Jole,,Carlo,Pino,Siro,Roberta ne stanno aprendo alcune.La passeggiata,l’arietta umida ci fanno passare la mattina nella maniera più splendida .Alle ore una il pranzo alla taverna etrusca.
Il salone è affollatissimo ; in fondo alle pareti di mattoni sono attaccati recipienti di rame lucido e accanto un grande caminetto dove
stanno arrostendo la carne.
I capotavola sono oggi Pino e Carlo.Sembra la tavola dell’ultima cena ! Giovanni fa notare, mentre passano,lasagne,,agnello ,pollo arrosto e frutta. Chissà cosa mangiavamo gli Etruschi ? Pino domanda e la dottoressa Daniele Canocchi che ha lasciato la sua veste di
arte per stare in allegria a tavola con noi risponde :ciccia, cinghiale ! Qualcuno chiede il gelato alla crema,,mentre sui vetri si sente
piovere,
Alla fine del pranzo il cielo è di nuovo sereno (mistero ! ) Comincio a pensare che Carlo abbia ragione quando dice che tutte le gite
dell’Archeoclub sono state all’insegna del bel tempo
La nostra comitiva può così andare in giro per Sovana.
C’è qualcosa che Luciano definirà fuori dal rumore : sulla piazzetta,piccola, c’è il palazzo pretorio con nove stemmi.la taverna etrusca
dove abbiamo appena pranzato,il palazzo Bourbon Del Monte e la chiesa romanica di Santa Maria dal caratteristico campanile a vela.
Dentro fiori secchi,muschio sulla parte destra delle scale che conducono all’altare su cui spicca un prezioso ciborio delìl’ottavo secolo,
raro esempio di opera preromanica conservata in Toscana.
Al di là di una porticina, un uomo, silenziosissimo , sta lavorando ad una scoperta : dietro l’intonaco bianco è nascosto un affresco.
Lasciamo la chiesa di santa Maria e per strade ,tutte lastricate con mattoni rossi disposti a spina di pesce , ci buttiamo per il paese.
Case sbiadite dalle persiane verdi di legno e silenziosissime , piccoli fiori colorati davanti ai portoni o sulle finestre piante di gera.
ni dipinte dai colori dell’autunno e lì ,a destra,, una porta aperta dove lavora un personaggio di Sovana,Galliano,
E’ vecchio porta gli occhiali e con la calma pacata intreccia dei vimini per fare un cesto.. Molto gli pisce parlare : è un modo di sentirsi
più vivo in un borgo come quello dove sembra che tutto si sia fermato a un tempo fuori del nostro tempo,dai nostri giorni,cos’ piedi di
fretta,di corse, di quelle cose che ci fanno perdere semplici momenti che sono i soli a poterci dare serenità .” Certo che , se fossi io iil
signore dell’Universo - dice Galliano – vorrei che tutti parlassero la stessa lingua ; fra poco vorrei raccogliere ( una,ma dove trovare la
giornata adatta )queste sono raditrici.,sembra che piova,non piova,, Galliano starebbe con noi a raccontarci dei suoi esperimenti di far
seccare i fiori sul graticcio che egli ha costruito ,ma il nostro tempo,più avaro ci costringe a raggiungere,e questa volta di gran fretta,
la guida che ci aspetta nella spiaggia erbosa davanti al Duomo di Sovana.
Qualche minuto lo dedichiamo più alla campagna intorno ; piante di peschi, splendide mucche gialle, alcune spezzate
insalata,pergolati d’uva nera ;gli assaggi non mancano e le foto scattate da Marci che mentre parla rivela un accetto che non può essere
certamente settentrionale,
Pitigliano è l’ultima avventura, un bellissimo colpo d’occhio quelle case addossate le une alle altre che si affacciano su una rotonda valle piena di verdi di gialli di rossi, marroni è attraversata da un nastro d’asfalto che oggi umido si snoda fino a farci giungere alla Piaz-
za di Pitigliano .Il pennello di Renzo Vanni lo descrive : tante caratteristiche casette antichissime,costruite con stile rustico su un grande
baco tufaceo ,piccole torri e palazzi storici piantati a picco sul mare,
Per le sue vie archi che giocano a creare ombre più grandi ; più piccoli negozi che sembrano di paesi di bambole, di fatine.
Quell’aria domenicale sa di cappelli, di occhiali ,di vecchi accano alle osterie, fontane e tanti cartelli “ vendonsi “,
Tutto è remoto,immobile,ma il nostro tempo non si ferma ; Carlo ci richiama tutti all’orario. Si riparte per Firenze,
A salutarci, guarda caso, il pretore di Pitigliano , conosciuto all’ osteria che ci dà il saluto con una bottiglia di vino nero che gentilmen-
te ci offre .
Siro al ritorno è al primo posto dietro Giovanni ; la nostra bomba di autista accanto a me l’appassionato di nautica conosciuto alla tomba Ildebranda, mente Pino,la nostra simpatia contagiosa, si sposta continuamente ; questa volta ha preso di mira il cappello
duplé di Carlo che ha voluto portare
Nonostante le buone speranze, Carlo avrà pensato che fidarsi degli Etruschi è bene ,ma non fidarsi è meglio
E se avesse piovuto ? ?

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